“Puoi cadere migliaia di volte nella vita, ma se sei realmente libero nei pensieri, nel cuore e se possiedi l’animo del saggio potrai cadere anche infinite volte nel percorso della tua vita, ma non lo farai mai in ginocchio, sempre in piedi”. Le parole di Giancarlo Siani, il giovane giornalista pubblicista napoletano ucciso dalla camorra a Napoli, a pochi metri dalla sua abitazione, il 23 settembre 1985 erano un incoraggiamento ai giovani con una spiccata passione civile affinché non si arrendessero alle difficoltà, alle pressioni. Criminali e politiche. Siani già dai tempi dell’Università cominciò a manifestare un forte interesse per le problematiche sociali del disagio e dell’emarginazione, individuando in esse il principale serbatoio della manovalanza della criminalità organizzata, “la camorra”.
Nella realtà di Torre Annunziata era divenuto un simbolo positivo e un personaggio scomodo al tempo stesso. Fonte d’ispirazione ed incoraggiamento per quei ragazzi impegnati e con una spiccata coscienza civile e osteggiato da chi navigava nelle torbide acque del crimine organizzato. Sarebbe stato un suo articolo – pubblicato su “Il Mattino” del 10 giugno 1985 relativo all’arresto di un boss alleato di un altro potente della camorra, amico e referente in Campania di Toto’ Riina – ad aver scatenato la furia omicida dei suoi assassini, catturati dopo ben 10 anni. Ma Siani aveva toccato interessi ben più importanti e poteri ben più forti investigando sugli appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980 nei dintorni del Vesuvio e denunciando le infiltrazioni camorristiche nella vita politica. Oggi nel 31° anniversario della morte, a Napoli, nel quartiere del Vomero dove è stato ucciso a soli 26 anni, viene inaugurato un murale per ricordarlo. Cento metri di immagini con la sua faccia sorridente, il simbolo della pace disegnato sul volto, e in compagnia della sua inseparabile Olivetti per scrivere i suoi pezzi rigorosi e coraggiosi.