“Utilizzatori finali”. E’ il titolo della prima puntata della stagione di Presa Diretta in cui si è ricostruita, anche con l’aiuto di un gruppo di attori, l’incredibile inchiesta della Procura di Roma sulle due ragazzine di 14 e 15 anni che per mesi si sono prostituite in un appartamento dei Parioli, uno dei quartieri più esclusivi della Capitale. Ne parliamo con l’autore e conduttore Riccardo Iacona.
E’ una storia davvero incredibile! Sono centinaia gli uomini adulti che hanno contattato le due ragazzine.
E’ bastato che qualcuno organizzasse la loro attività in modo più “professionale” per far letteralmente esplodere il mercato.
Quali sono i numeri del fenomeno della prostituzione?
Sono numeri impressionanti. Parliamo di un vero e proprio esercito. Milioni di clienti abituali, e una domanda così forte crea un’offerta pazzesca. Ma il tema dominante è quello della deformazione del valore del sesso che, anche in un incontro occasionale dovrebbe prevedere una relazione, una comunicazione. “Chi sei”, “come ti chiami”, “da dove vieni”… Pensare che davanti a te c’è una persona non un oggetto. E invece tutto è stravolto. Di fronte a te c’è solo un oggetto. Fai sesso allo stesso modo in cui entri in un supermercato e scegli la carne che ti vuoi mangiare quella sera. Paghi e entri in un supermercato del sesso.
Di chi è la colpa?
Questa pornocratizzazione delle relazioni sessuali è entrata prepotentemente nella società per l’assenza totale di sforzi educativi facendo sì che ragazzine e ragazzini siano disponibili a utilizzare sempre di più il loro corpo come merce di scambio. Non è moralismo, questa è la cifra della nostra società. L’uso e l’abuso. Non si crescono persone piene, “usanti”, ma degli “abusanti”. La famiglia e la scuola sono totalmente sprovviste su questo terreno. Non c’è più nessuna traccia di educazione sentimentale. Basta vedere come viene trattata la donna dai media per capire in che mondo stiamo, questo è il nostro Afghanistan. E la conseguenza è che certi comportamenti diventano legittimi. “Se tutti riescono a fare carriera attraverso il sesso perché non posso farlo io ragazzina di 14 anni?” La verità è che se non ci fosse stato quel centinaio di uomini che con quelle ragazzine ci sono andati le baby squillo dei Parioli non sarebbero esistite. Per questo nella puntata abbiamo voluto puntare l’obiettivo sugli uomini.
Nella seconda puntata avete affrontato il tema della tossicodipendenza. Che si è intrecciata con quella sulla prostituzione.
Un intreccio legato al tema dell’abuso, anzi del poli-abuso. Siamo i primi in Europa per poli-abuso di sostanze stupefacenti tra i giovani. Quelli che si fanno di più e di tutto contemporaneamente. Succede questo nell’Italia proibizionista, quella che fino all’altro ieri riempiva le carceri per reati legati all’uso della droga e dove non si faceva nulla per prevenire, educare e ridurre il danno. Nel frattempo i nostri ragazzini si fanno di tutto e di più con danni terribili, anche nell’abuso di cannabis. Perché un conto è farsi una canna ogni tanto, ma farsi sette canne a 16 anni crea danni permanenti anche dal punto di vista cognitivo. E’ quello che è emerso da studi scientifici che abbiamo messo in evidenza.
C’è poi il problema del mercato della droga.
E’ l’altro aspetto deteriore dell’Italia proibizionista in cui la droga la trovi dappertutto, perfino di fronte alle scuole. E se si utilizza solo lo strumento repressivo si crea un mercato nero così potente che puoi trovare tutte le droghe allo stesso tempo. E quello che ti offre la cannabis ti dice “ho anche un pò di coca se la vuoi”.
All’estero la situazione è diversa?
Abbiamo fatto l’esempio del Portogallo, un paese sull’orlo del collasso economico in cui l’abuso di droga dovrebbe essere esponenzialmente più alto. E invece lì il governo ha tolto la competenza sulla questione droghe al Ministero degli Interni e di Grazia e Giustizia e l’ha attribuita al Ministero della Salute. Hanno avviato politiche di riduzione del danno e di educazione, e la conseguenza è stata che il Portogallo è il paese in Europa dove ci buca di meno e si consuma meno cannabis.
Le ultime due puntate riguardano il trasporto pubblico e i fondi europei. Partiamo dalla prima: anche sul trasporto pubblico siamo fanalino di coda in Europa?
Siamo al collasso. E non si capisce che un trasporto pubblico efficiente non serve solo ai cittadini ma è anche un motore di sviluppo economico. E su questo terreno stiamo perdendo preziosi punti di Pil. I francesi, per fare un esempio, hanno investito molto sul trasporto pubblico in piccole città della Normandia e quei luoghi sono diventati attrattiva per investimenti internazionali. Perché dove ci si muove bene la gente va con piacere a costruire una fabbrica e coloro che hanno fatto quelle operazioni sono divenuti leader internazionali. Per cui quando a Shangay o a Nuova Delhi o a Mumbay si fa una gara d’appalto la vincono i francesi perché sul mercato, loro, ci sono.
Fondi europei. Li spendiamo male o non li spendiamo affatto.
Mancano pochi mesi alla chiusura dei progetti della prima tranche dei fondi europei e ci sono quindici miliardi di euro in ballo che ancora non sono stati spesi. E se non li spendiamo rischiamo di perderli. Un peccato che grida vendetta in un momento in cui cerchiamo di racimolare quei quattro soldi per mandare avanti il Paese.
Di chi è la responsabilità?
La responsabilità è di un sistema-paese inceppato. Per aprire un cantiere ci vogliono anni. Poi c’è la parcellizzazione, i troppi progetti. In Polonia ne hanno presentato pochi. Pochi ma importanti per lo sviluppo del paese, e tutti legati alla crescita economica. Noi ne abbiamo presentato 700mila di natura diversissima. Ma se non li centralizziamo e non superiamo il problema dell’inefficienza delle macchine amministrative pubbliche del paese non andiamo da nessuna parte. A Pompei c’e dovuto andare un commissario. E ci sono ancora tanti soldi in ballo che non sono stati ancora spesi; ma se non hai la lungimiranza di capire che sull’investimento di Pompei puoi far crescere un’intera regione non perdi solo i soldi ma anche la possibilità di dare un futuro al nostro Paese.
Articolo di Stefano Corradino pubblicato sul Radiocorriere Tv