“Cara lettrice, caro lettore, internet non è un mezzo consueto, per chi è nato nel 1915; ma è il mezzo di comunicazione del presente, e ho pensato di usarlo. Sono un figlio dell’ultimo secolo dello scorso millennio: quel Novecento che ha prodotto gli orrori della bomba atomica e dello sterminio di massa, ma anche le speranze e le lotte di liberazione di milioni di esseri umani. Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto nuove forme…” Sono le parole con cui il novantanovenne Pietro Ingrao ha deciso di aprire il suo sito internet nel quale ha raccolto i tasselli più importanti della sua vita: la vita, l’attività politica, i libri, le poesie, il cinema… Il 30 marzo Ingrao compie cento anni. Un secolo di cui è stato virtuoso protagonista come pochi altri. Partigiano, giornalista (direttore de l’Unità dal 1947 al 1957) e Presidente della Camera dei deputati (dal 1976 al 1979). Solo per citare alcune tappe della sua storia.
Tre anni fa Filippo Vendemmiati, giornalista Rai e regista (suo il documentario del 2011 “È stato morto un ragazzo” che ha ricevuto il David di Donatello) ha deciso di realizzare un film a lui dedicato ed è l’ultima intervista video che Ingrao ha rilasciato. “Non una biografia né una beatificazione – spiega Vendemmiati al Radiocorriere tv – ma un lungo e prezioso colloquio per capire come nel corso degli anni Ingrao ha vissuto la passione politica”.
Quando – e perché – hai deciso di realizzare un film su Pietro Ingrao?
Premetto che io non lo avevo mai conosciuto personalmente prima del 2012. Me lo sono sempre portato dentro, soprattutto in gioventù, come punto di riferimento, morale prima ancora che politico. Ho deciso di incontrarlo in un momento in cui la politica, nell’immaginario collettivo ha raggiunto livelli molto bassi. Politica come mestiere non più come passione e senza le grandi cariche di trasformazione della società. Per questo mi è venuta la voglia di riaprire un cassetto, quello che per tanto tempo avevo chiuso, dove sono stipate le illusioni della gioventù. E così, in età avanzata, ho incontrato questo giovane allora novantasettenne e che ancora non ha smesso di sognare.
Come si è svolta l’intervista? Ingrao ha avuto remore nel diventare il protagonista di un film?
Prima di iniziare io ho voluto presentare il progetto alla sua famiglia e in particolare ai suoi cinque figli. Da parte loro c’era una legittima preoccupazione e l’esigenza che il film non lo ritraesse né come un santino né come l’ultimo comunista rimasto che ancora combatte mentre il mondo è cambiato. Ed era esattamente ciò che volevo evitare. Il mio intento non era quello di beatificarlo né volevo essere il suo biografo o l’interprete del suo pensiero politico. Io volevo conoscere l’uomo e capire come nel corso degli anni aveva vissuto la sua passione per la politica.
Con che domanda hai esordito?
La prima me l’ha fatta lui. E me l’ha ripetuta più volte: “Questo mondo ti piace? E se non ti piace cosa fai per cambiarlo?”
Vi siete visti spesso per registrare?
Per svariati mesi ma la prima volta che ci siamo incontrati abbiamo registrato gran parte dell’intervista. E pensare che doveva essere una prova. Io ero abbastanza spaventato perché per quanto lucido poteva essere non sapevo come un uomo di novantasette anni avrebbe potuto reagire a certe domande e all’occhio della telecamera. E invece è stato un fiume in piena. Non era tanto la voglia di parlare quanto quella di confrontarsi. Mi faceva domande in continuazione, su chi ero, cosa mi interessava, perché mi era venuta l’idea di fare un film su di lui.
Un dialogo più che un’intervista
E’ così. E questo ha confermato il giudizio che avevo di lui prima di conoscerlo direttamente. Lo spessore di una persona che cerca sempre il confronto con l’altro. Il primo giorno abbiamo parlato e registrato per più di tre ore e alla fine il più stanco dei due ero io. “Perché vai via subito?” Mi chiese. “Fammi pure altre domande!”
A giugno 2012, quando abbiamo finito le riprese mi disse: “non abbiamo parlato delle musiche. Cosa ci metti?” E gli dissi che ne avevo discusso con una band romana amica, i Tetes de bois che lo conoscevano e lo stimavano e che stavano lavorando ad alcune composizioni. Voleva sentirle e così dopo pochi giorni andammo da lui con i musicisti che si portarono appresso gli strumenti e gli fecero sentire cosa avevano preparato.
Avete discusso anche della politica di oggi?
Non volevo usare Ingrao per un giudizio etico sul presente. Sarebbe stato troppo comodo e forse poco delicato. Ma sicuramente quello che scaturisce dal suo racconto è un senso di sconfitta e di delusione per come oggi la politica viene concepita e vissuta.
E’ un idealista
Senza dubbio ma sarebbe sbagliato sminuire la sua figura come quella di un grande utopista con la testa fra le nuvole. Lui ha i piedi fortemente radicati per terra, e ancora oggi, allo scadere dei novantanove anni, pur non essendo nelle condizioni di rilasciare interviste non ha smesso di seguire la politica. E se andiamo a leggere le proposte di riforma costituzionale che lui elaborò quando era presidente del Centro di Riforma dello Stato ritroviamo pagine di un’attualità sorprendente. La politica è per Ingrao l’arte dell’impossibile ma che nel presente si misura con idee assolutamente realizzabili.
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Intervista di Stefano Corradino pubblicato sul Radiocorriere Tv