Dulal Howlader è un cittadino italiano, italianissimo. Ha 52 anni e ha trascorso in Italia metà della sua vita. Lavora in un ristorante del centro di Roma dopo aver scaricato per anni frutta e verdura al mercato. E’ cardiopatico, un figlio disabile, un altro studente di ingegneria all’università. Piazzatosi al nono posto nella graduatoria per l’assegnazione delle case popolari si è recato nella zona di Tor Bella Monaca (Roma est) per visionare l’alloggio che gli spettava di diritto. C’è andato da solo – piuttosto strano dal momento che qualcuno dei servizi sociali avrebbe dovuto accompagnarlo – e così, al suo arrivo a Largo Mengaroni ha chiesto ad alcuni ragazzi, presumibilmente della zona, di indicargli la via in cui si trovava la sua nuova residenza.
La risposta non è stata quella che si aspettava. “Negro, vattene via, qui non c’è posto per te. Qui le case sono tutte occupate” gli hanno gridato. Poi una ginocchiata alla schiena. E giù botte. Lo ha raccontato lo stesso Dulal al commissariato di polizia del Casilino Nuovo e il suo avvocato ha presentato una denuncia per lesioni con l’aggravante dello sfondo razziale.
Una brutta pagina di intolleranza che gli stessi abitanti della zona hanno colto con sgomento. Mario Cecchetti, animatore di un centro sociale e Verino Tinaburri dello Spi Cgil quando hanno visto le telecamere di Rainews sono accorsi in piazza per manifestare il loro stupore. “Non ci sono mai stati episodi di razzismo in questa zona” hanno sottolineato entrambi spiegando che la zona dove è avvenuta l’aggressione è un caleidoscopio etnico dove convivono civilmente persone provenienti da svariati paesi e vengono promosse quotidianamente iniziative culturali per e con gli immigrati.
Un episodio isolato quindi anche se in altre zone della Capitale ci sono stati casi recentemente vari casi di aggressione ai danni di cittadini di origine straniera ai quali è stata assegnata una casa popolare. Ma lo spirito di accoglienza e di integrazione dei cittadini di Tor Bella Monaca è una bella lezione, come lo è la manifestazione degli antirazzisti di via del Frantoio che in tanti hanno sfilato ieri nei pressi di via Tiburtina mentre a poche centinaia di metri Casapound sventolava cartelli per chiedere la chiusura dell’unico centro che ospita i migranti di passaggio diretti nel nord Europa.
Giornali e tv titolano da mesi sulla preoccupazione legittima per gli sbarchi quotidiani ma troppo spesso omettono di raccontare che c’è un’Italia civile e antirazzista che costruisce ponti e abbatte i muri.