Si è già concluso il sit-in a Piazza Navona quando il Senato vota il decreto Maroni sui rimpatri degli immigrati irregolari. Sono da poco passate le 19 e l’ormai ex decreto è diventato legge con 151 voti favorevoli e 129 contrari. Il governo ce l’ha fatta a convertire il provvedimento prima della pausa estiva. Le regole, che prevedono l’espulsione immediata degli immigrati “pericolosi” e il prolungamento da sei a 18 mesi della permanenza degli irregolari nei Cie, ormai sono norma di legge.
Una cinquantina di persone si è data appuntamento ieri alle 17,30 nella piazza adiacente all’ingresso di palazzo Madama, ostruito dai lavori in corso. Cgil, Pd, Idv, federazione della Sinistra, Prc, Frisi, Articolo 21 e altre associazioni hanno organizzato nel giro di pochi giorni un presidio per dire no “all’obbrobrio giuridico”. Si passano il megafono davanti a uno striscione del Forum immigrazione del Pd per urlare le ragioni della loro presenza in piazza. Alcuni immigrati partecipano al sit-in a Piazza Navona. «La cosa che più detesto è l’idea di dover rinchiudere le persone – dice Jean René del Camerun – É tutto inutile, se non c’è la collaborazione dei paesi di origine è impossibile risolvere il problema». «Gli immigrati ormai vengono considerati cibi per pesci», ribatte Angela Spencer, originaria di Capo Verde. «Si legge chiaramente che nel decreto c’è solo una volontà repressiva», dice Maria José Mendes.
Nonostante la protesta e gli emendamenti dell’opposizione, non c’è stato nessun intoppo nel voto a Palazzo Madama, dove i tempi contingentati, previsti del regolamento, consentono alla maggioranza di approvare la legge prima di sera. Tutti respinti i 59 emendamenti dell’opposizione, anche se Marco Perduca, radicale eletto nella lista Pd, denuncia la presenza di “pianisti” in aula. L’unica concessione è stata l’approvazione in mattinata dell’ordine del giorno del Pd che impegna il governo a ripristinare il diritto dei giornalisti a entrare nei centri di identificazione, bloccato da una circolare del ministro dell’Interno. É per questa ragione che Roberto Natale, presidente del sindacato dei giornalisti, e Stefano Corradino, direttore di Articolo 21, sono in piazza. «Ma occorre vigilare – dice Corradino – Il governo, se vuole, una scappatoia la trova sempre».
In mattinata passa anche il durissimo ordine del giorni della Lega che impegna il governo a chiedere alla Nato di bloccare i clandestini provenienti dalla Libia. Norma “inapplicabile” e di “cattiva propaganda” per Giorgio Tonini, senatore del Pd.
Mentre a Palazzo Madama sono in corso le dichiarazioni di voto, alcuni senatori vanno a fare un saluto ai manifestanti riuniti a Piazza Navona. «Si tratta di una vergogna che fa parte dei ricatti incrociati tra Berlusconi e Lega. La Lega fa vivere il governo in cambio di leggi xenofobe», dice Felice Belisario, presidente del gruppo dei senatori Idv, mentre il suo collega di partito Stefano Pedica annuncia a breve una visita a Lampedusa, che «non è un centro, ma un lager, dove gli ospiti dormono accanto agli escrementi». «E sintomatico che il nostro governo è l’unico a usare la parola immigrato clandestino – dice il vicepresidente dei senatori Pd, Vannino Chiti, a Piazza Navona – Negli altri paesi si parla di immigrati irregolari. Questo fa capire come non faccia nessuna distinzione tra chi non è regolare e chi invece sta aspettando l’asilo politico».
Nella giornata di ieri si registrano ancora tensioni nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto (Kr), “infettato” dalla rivolta degli immigrati di Bari. Mentre nel Cara pugliese, gli aspiranti rifugiati politici rispettano la tregua firmata con il prefetto vicario Antonella Bellomo, in attesa della riunione di oggi con il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. Al Sant’Anna nella provincia di Crotone, il questore vicario Roberto Pellicone assieme al funzionario della prefettura, Fabrizio Gallo, incontrano le delegazioni di immigrati per placare gli animi. Fuori dal centro 150 uomini presidiano il centro più grande d’Europa. A Bari, come a Crotone, gli extracomunitari sono esasperati dalla lunga attesa per la richiesta d’asilo. Nel day after il giorno della rivolta si hanno i numeri ufficiali: 200mila euro i danni nel Cara di Bari, dove è stata completamente distrutta la mensa, 98 persone ferite, 29 in stato di fermo e un centinaio identificate. A Crotone, invece, i feriti sono 25 e quattro i fermati: uno del Niger e quattro della Nigeria. Ma proprio qui la tensione resta alta fino a pomeriggio inoltrato.
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