Il 2003 era stato proclamato dalle Nazioni Unite “Anno internazionale dell’Acqua”. Tutti i Paesi concordarono di sviluppare, entro il 2005, piani nazionali di gestione e rendimento idrici. Tredici Province del Centro Italia, (tra cui Terni) che gravitano nell’area dell’Appennino centrale, riconoscendo la fondamentale importanza delle risorse idriche per il futuro del pianeta, si erano impegnate in un’opera di sensibilizzazione nei confronti delle proprie comunità; ma questa aspirazione si è scontrata con alcune scellerate politiche nazionali.
Da alcuni mesi uno dei temi che dominano il dibattito politico di Orvieto e del suo comprensorio riguarda proprio il tema dell’acqua e della gestione delle risorse idriche. Tra i primi a denunciare lo spropositato rincaro il collettivo “Il Manifesto” di Orvieto. Ma già dalla comunicazione delle prime bollette, rilevato il consistente aumento, molti cittadini avevano manifestato disappunto, non comprendendo perché questa presunta razionalizzazione dovesse invece produrre un aumento dei costi. Nelle case degli orvietani a fine 2003 sono arrivate bollette con aumenti di sei, sette volte superiori. Questa “la prassi”. Ma c’è stato anche chi ha visto arrivare un bolletta di 15 – 20 volte superiore alla cifra che aveva pagato lo stesso trimestre dell’anno precedente.
Secondo le bollette l’importo da pagare si doveva ritenere in acconto, calcolato sulla base di letture effettuate al 30 giugno 2003, da conguagliare alla prossima lettura. Ma a giugno 2003 non risultava essere stata effettuata alcuna lettura. In pratica il nuovo servizio idrico non ha mai letto i contatori degli utenti orvietani e non era nemmeno in possesso dei dati familiari di ciascuna utenza.
Ma facciamo un passo indietro per spiegare la questione. La legge Galli sulla gestione delle risorse idriche affida all’Ambito territoriale ottimale, ATO la gestione delle acque, la captazione, la distribuzione, la tariffazione, le fognature, i depuratori. L’ATO, costituito nel maggio 2000, è il consorzio dei comuni che costituiscono il “bacino ottimale” ed il suo compito è svolto attraverso il Servizio idrico integrato, una società composta per il 51% da enti locali e per il 49% da privati. L’ATO2, quello di cui fanno parte i comuni dell’Orvietano, ha approvato il Piano d’ambito e si è occupato del controllo della gestione, affidata, al Servizio idrico integrato, gestore unico, con tariffe uguali valide per tutto il territorio dell’ATO 2, costituito dai 32 comuni della Provincia di Terni.
Con questo nuovo sistema di utilizzazione delle risorse idriche previsto dalla legge ed organizzato in modo diverso negli ATO, per quanto ci riguarda direttamente, andremo a pagare il 20- 30% in più, a seconda delle tariffe precedenti. L’ATO è in grado di avere una visione complessiva maggiore e può “ottimizzare” le risorse. Ma se le tariffe aumentano qualcosa non va nell’“ottimizzazione”.
Il Servizio Idrico Integrato (SII), Società di gestione pubblico privato, soffre di numerose lacune nella gestione delle reti idriche e fognarie, dovute prevalentemente a problemi di assetto societario. E si registrano numerose incertezze nell’andamento gestionale affidato al S.I.I. che rischiano di comprometterne il funzionamento, come pure di creare difficoltà all’ATO nei suoi compiti di controllo e di programmazione. Ritardi ingiustificati nella lettura dei contatori, azioni informative all’utente inadeguate (il sindaco di Orvieto Stefano Cimicchi ha chiesto che venga potenziato l’ufficio relazioni con il pubblico, in modo da rendere conto ai cittadini delle bollette che in alcuni casi presentano anomalie), carenze quali-quantitative degli sportelli ubicati sul territorio. La definizione degli standard di qualità, l’ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche, la programmazione degli investimenti, l’innovazione tecnologica precedentemente evocata, sembrano obiettivi lontani, lontanissimi. E aumentano le tasse diminuiscono i servizi, come è successo alcuni mesi fa nei comuni dell’orvietano di Fabro e Montecchio che si sono ritrovati per giorni senz’acqua nelle case.
Questo, di fatto, l’effetto dell’articolo 35 della Finanziaria del 2002 che privatizza l’acqua. Un provvedimento gravissimo, voluto dal centro-destra e che non ha incontrato a suo tempo una efficace opposizione da parte del centro-sinistra. Per converso, alcune associazioni di enti locali, come l’Anci, hanno sostenuto posizioni importanti, rifiutando ad esempio che i comuni fossero espropriati dalla possibilità di decidere autonomamente le forme di gestione del servizio. O le regioni che hanno impugnato l’art. 35 in quanto incostituzionale. L’iniziativa del governo, infatti, è stata giudicata del tutto illegittima, dato che non esiste nella Costituzione alcuna norma che attribuisca allo Stato la potestà di decidere le forme di gestione dei servizi locali.
L’acqua è un bene prezioso e nei prossimi decenni potrebbe valere più del petrolio se le riserve necessarie alla popolazione non aumentano e se non si limitano gli sprechi. Bene ha fatto il Consiglio provinciale di Terni ad approvare recentemente (all’unanimità) una risoluzione sulla tutela della “risorsa acqua” scaturita da un ordine del giorno presentato congiuntamente da alcuni consiglieri del centrosinistra, in cui si sostiene che Provincia e Comuni devono collaborare per eliminare gli sprechi e sensibilizzare le giovani generazioni ed intervenire tempestivamente nei casi di degrado ambientale.
Un miliardo e cento milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non hanno accesso ad acqua sicura e 2 miliardi e 400 milioni, ossia il 40% della popolazione del pianeta, non dispone di impianti igienici adeguati. Ogni giorno, circa 6.000 bambini muoiono per malattie causate da acqua inquinata, da impianti sanitari e da livelli di igiene inadeguati. Lo sciacquone della toilette in un paese occidentale impiega una quantità d’acqua equivalente a quella che, nel mondo in via di sviluppo, una persona media impiega per lavare, bere, pulire e cucinare nell’arco di un’intera giornata.
”Nessuna singola misura – ha affermato Kofi Annan, Segretario Generale ONU nel suo Rapporto del Millennio – riuscirà a far di più per diminuire le malattie e salvare vite nel mondo in via di sviluppo che il rendere accessibile a tutti acqua sicura ed impianti igienici adeguati.”
(Stefano Corradino – Micropolis)