Sono un non credente, o quantomeno un agnostico, che sospende il giudizio sull’esistenza di Dio. Come scriveva Simone Weil forse, Lui ha lasciato intravvedere di sé solo quanto basta perché dalla fede in lui l’uomo sia spinto a occuparsi dell’uomo. “Perché non sia abbagliato dal cielo al punto di disinteressarsi della terra”. Credo però nella bellezza del messaggio cristiano. Messaggio rivoluzionario. Di quel Cristo che predicava la fratellanza e la carità. Che scacciava i mercanti dal tempio, predicava l’uguaglianza e difendeva dalla lapidazione donne dedite al libero amore (oggi avrebbe il suo bel da fare…).
Ho conosciuto il Vescovo Giovanni Scanavino al suo arrivo ad Orvieto, presentatomi da suor Giuseppina, che oggi suora più non è, perchè la Chiesa non è più come l’aveva conosciuta, studiata ed amata. Mi parlò a suo tempo di Scanavino come di un cristiano vero, poco incline a predicare ma molto ad ascoltare e a misurarsi con le sofferenze del corpo e dello spirito.
Lo intervistai cinque anni fa per il mensile “la Città” pochi giorni prima di Natale. Parlava del Natale come di una festa di cui si è perso il senso per colpa di un “consumismo crescente che fa ormai parte della nostra cultura ma che è un aspetto negativo della società al quale dobbiamo reagire contrapponendo i valori, quelli di profonda umanità che sono il fondamento della dottrina cristiana”.
“Se uno leggesse a fondo cosa Cristo sosteneva – concludeva Scanavino – a un certo punto anche il più “estremista” finirebbe per dire “basta, è troppo rivoluzionario anche per me”…
Leggo oggi che Scanavino potrebbe lasciare Orvieto perchè il Sinodo dei Vescovi umbri ne ha chiesto le dimissioni dopo la tragica vicenda di un giovane diacono suicida, che quel Sinodo forse conosceva solo di nome mentre Padre Giovanni ne conosceva la fragilità e la viveva empaticamente, giorno dopo giorno.
Scanavino si sarebbe rimesso solo e direttamente al volere del Papa, Benedetto XVI. E a lui, due mesi fa aveva scritto una lettera per spiegare la sua concezione della missione pastorale.
Non conosco il contenuto dell’epistola, ma conosco e apprezzo la passione religiosa e civile dell’uomo. E mi piacerebbe che il Pontefice ricevesse una nuova lettera. Firmata da tanti orvietani che gli chiedono di lasciarlo lì dov’è, a combattere una battaglia quotidiana, spesso isolata, per gli “ultimi”, quelli che tanta Chiesa (e tanta politica) ha ormai smesso di difendere.
(di Stefano Corradino)
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