“Se un dipendente Rai rilascia dichiarazioni sull’attività e l’organizzazione aziendale, l’azienda può pretendere che queste siano preventivamente concordate. Ma quando si tratta del diritto di critica e della manifestazione del pensiero l’azienda non può assolutamente pretendere che si richieda un’autorizzazione preventiva perchè equivale ad una vera e propria censura.” Così Domenico D’Amati, coordinatore del Collegio dei legali di Articolo21 interviene sulle rimozioni di alcuni giornalisti dalla conduzione del Tg1 e sulla polemica tra il direttore e Maria Luisa Busi.
Avvocato D’Amati, dopo l’allontanamento di alcuni giornalisti dalla conduzione del Tg1 la giornalista Maria Luisa Busi, in un’intervista ad un giornale ha affermato che questo cambio della guardia rappresenta “una rappresaglia”. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini ha risposto con una lettera di contestazione richiamando alla mancata richiesta di autorizzazione per l’intervista. Il tema è la mancanza di rispetto delle regole?
E’ tutto molto singolare. Innanzitutto del rispetto delle regole in materia di interviste non è il direttore che se ne deve occupare semmai l’ufficio del personale dell’azienda seguendo le dovute procedure che, tra l’altro, in questo caso non sono state osservate.
Le procedure di cui lei parla possono in qualche modo limitare il diritto alla libertà di espressione?
Neanche per sogno. Nessun regolamento aziendale può impedire l’esercizio di critica e di libera manifestazione del pensiero. Che si vogliano strumentalizzare circolari aziendali, peraltro abbastanza sconosciute, per ostacolare con limiti burocratici la libertà del pensiero è un fatto grave e preoccupante.
“La Busi ha travalicato il diritto di critica. La Rai dovrebbe chiederle i danni”. Lo ha affermato Antonio Verro, consigliere del Cda Rai in un’intervista a Repubblica.
Se un dipendente Rai rilascia dichiarazioni sull’attività e l’organizzazione aziendale, ad esempio sui programmi futuri, l’azienda può pretendere che queste siano preventivamente concordate. Ma quando si tratta del diritto di critica e della manifestazione del pensiero l’azienda non può assolutamente pretendere che si richieda autorizzazione preventiva perchè equivale ad una vera e propria censura. E la censura è vietata dalla Costituzione.
Quindi le critiche espresse dalla giornalista non sono scorrette?
No, le sue critiche sono corrette e attinenti alla materia in discussione, cioè quella della libertà di informazione e del lavoro dei giornalisti, tanto più che la giornalista in questione è consigliere nazionale della Fnsi. Metterla sul piano burocratico è un modo per impedire preliminarmente qualsiasi discussione.
E anche di favorire meccanismi di autocensura
Indubbiamente.
Dall’editto bulgaro ad oggi, l’articolo21 della Costituzione è stato ripetutamente minacciato. C’è stato un salto di qualità?
Gli ultimi episodi rappresentano elementi di grave preoccupazione perchè alcune tendenze che si erano già manifestate in passato sembrano ancora più marcate ed evidenti. Se, effettivamente, c’è stata una raccolta di firme su un documento ed è stata promossa dalla direzione del telegiornale, è chiaro che ciò equivale ad una indagine sulle opinioni poichè, dalla firma o meno di questa dichiarazione, si può desumere come la pensi un giornalista. Questa si configurerebbe come una violazione della libertà di opinione.
Tra pochi giorni ricominciano le discussioni in aula sul tema delle intercettazioni. Che rapporto ha questo tema con quello della libertà di informazione?
Una relazione strettissima perchè impedire le intercettazioni tenderebbe ad ostacolare il lavoro del giornalista e a rendere impossibile l’informazione su argomenti di grande rilievo privando di conseguenza telespettatori, lettori e cittadini del loro sacrosanto diritto di essere informati.
(di Stefano Corradino – www.articolo21.org)