LAURA BOLDRINI: "Se solo la politica si nutrisse di contenuti e non di slogan…"

Questo riconoscimento va a tutti coloro che si adoperano quotidianamente per coniugare i cambiamenti di questa società con il rispetto dei diritti di tutti”. Così Laura Boldrini (nella foto), portavoce in Italia dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) commenta sul nostro sito il riconoscimento speciale che Famiglia Cristiana le ha consegnato come “italiano dell’anno, per il “costante impegno – si legge nella motivazione – svolto con umanità ed equilibrio, a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo…” . “Dell’immigrazione – afferma la Boldrini – non si può parlare, come fanno gran parte dei mezzi di informazione, solo in termini di sicurezza e di ordine pubblico…”  

Nel conferirle questo premio speciale il direttore di Famiglia Cristiana, Don Antonio Sciortino, ha concluso augurandosi che “la scelta di Laura Boldrini contribuisca a far prevalere la via dei diritti e dell’eguaglianza di tutti gli uomini”.
Sono molto onorata di questo riconoscimento ma al tempo stesso so che è anche una grande responsabilità. Simbolicamente sono stata scelta io ma ad essere premiati sono tutti i miei colleghi e le persone che lavorano quotidianamente per la difesa dei diritti dei rifugiati e che cercano di promuovere un’altra dimensione dell’immigrazione, che non sia basata sulla paura o su sentimenti di ostilità bensì su un avvicinamento, una conoscenza reciproca. Perché è verso questa direzione che va la società italiana, una società dove vivono già oltre 4 milioni di immigrati regolari. Pertanto questo riconoscimento va a tutti coloro che si adoperano per coniugare i cambiamenti di questa società con il rispetto dei diritti di tutti.

Tracciamo un bilancio dell’anno 2009 sulle politiche per l’immigrazione
Un anno difficile ed è anche per questo che il riconoscimento di Famiglia Cristiana mi fa particolarmente piacere. Questa politica dei respingimenti ha messo e sta mettendo a dura prova la fruibilità del diritto d’asilo in Italia. Basti pensare alle cifre: se si considera che nel 2008 il 75% circa di chi ha fatto una domanda d’asilo nel nostro Paese è passato via mare, si capisce che nel momento in cui nessuno può più arrivare via mare si mette in seria discussione la fruibilità stessa di questo diritto. E così, anziché fare da contrasto all’immigrazione irregolare questa misura si carica di altri significati, mette cioè a repentaglio il diritto d’asilo.

I fautori dei respingimenti affermano che il mancato arrivo delle persone sulle coste italiane sia una buona notizia.
Per noi non è affatto così. Una buona notizia sarebbe scoprire che non c’è più bisogno di scappare via dalle guerre e dalle persecuzioni; se sapessimo che oggi, finalmente, tutte le persone possono vivere in sicurezza e in dignità a casa propria. Ma non è così. E quindi questa misura ha spostato il problema, lo ha allontanato, ma certo non lo ha risolto. E ciò che per molti è motivo di soddisfazione per noi è un serio motivo di preoccupazione.

Ieri a Milano la Lega, con una mozione, ha fatto pressione sulla giunta Moratti chiedendo “controlli igienico sanitari nelle residenze degli stranieri”.
Mi chiedo quale sia l’utilità di una tale richiesta che a mio avviso rischia di essere negativa e discriminatoria e di alimentare diffidenza verso gli stranieri da parte della cittadinanza. Inoltre credo che chi ha un ruolo e una funzione pubblica dovrebbe pensare prima di tutto al bene dell’intera collettività e provvedimenti a senso unico alimentano una percezione negativa degli stranieri che poi è difficile da gestire, e può facilmente degenerare.

L’idea dell’immigrato come nemico o persona che delinque e ci toglie il lavoro
Un’idea che ha gravemente condizionato l’immaginario collettivo. Il fenomeno dell’immigrazione in Italia non può essere sempre veicolato come se fosse solo una questione di sicurezza e di ordine pubblico.

Un’idea che finisce per condizionare anche i comportamenti, le aggressioni verbali e quelle fisiche. Dalle strade agli stadi…
E’ così. E troppe volte purtroppo si è scelto di non attribuire agli atti di violenza uno sfondo razzista quando invece la matrice era palese. E troppo spesso all’atto di violenza non è seguita una condanna piena e netta da parte di tutti. Anche questo alimenta conseguenze pericolose.

Il 25 gennaio prossimo alla Federazione Nazionale della Stampa divulgherete una ricerca su media e immigrazione
L’abbiamo già presentata alla Camera dei deputati il 18 dicembre, e ci torneremo su in quella sede perché la ricerca è molto significativa e dovrebbe essere presa in seria considerazione da parte dei mezzi di informazione. Lo studio dimostra in modo scientifico come i media italiani stiano riproducendo da anni lo stesso stereotipo sull’immigrazione, senza riflettere sul fatto che l’immigrazione è un fenomeno in costante e rapida evoluzione. Ma i media italiani non sono andati oltre l’antico cliché, non hanno aggiornato il loro modo di parlare di questo fenomeno, non lo hanno messo in discussione né in termini di linguaggio (che è sempre povero, riduttivo, sminuente) né in termini di contenuti. Si parla di immigrazione quasi esclusivamente in relazione ai fatti di cronaca nera, giudiziaria e di sbarchi. Su un campione di 6.580 servizi televisivi, presi in esame dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Roma, solo 26 hanno parlato di immigrazione senza collegarla al tema della sicurezza.

Una condanna senza appello
No, la nostra non vuole essere un’accusa ma la presa d’atto di un problema e noi ci stiamo impegnando anche per dare gli strumenti ai giornalisti per riconsiderare la loro ottica nel leggere il fenomeno dell’immigrazione.

C’è un gruppo su Facebook dedicato a lei intitolato “Laura Boldrini ministro dell’Interno”. Cosa farebbe se occupasse il posto di comando al Viminale?
Io faccio un altro mestiere, non la politica. L’Unhcr ha un mandato riconosciuto a livello internazionale, che è quello di tutelare i richiedenti asilo e i rifugiati. Io mi attengo a questo. Se dovessi dire quello che è importante fare per facilitare l’integrazione,  punterei sulla scuola, formando i giovani sul concetto di globalizzazione dei diritti. Gli insegnanti fanno grandi sforzi ma alla scuola non vengono dati gli strumenti adeguati per affrontare i cambiamenti della società. Inoltre più attenzione mediatica sugli aspetti positivi dell’immigrazione e anche più attenzione a quella parte d’Italia, spesso oscurata, che è mossa da sentimenti ed azioni all’insegna della solidarietà. Emerge sempre quella parte d’Italia arrabbiata, che digrigna i denti mentre c’è una parte silenziosa che fa integrazione giorno dopo giorno con i fatti, lavorando fianco a fianco con gli immigrati. Questa parte d’Italia merita più rispetto e attenzione.

Non abbiamo parlato a fondo del dibattito politico su questo tema.
C’è poco da dire. Sarebbe già una grande conquista se il dibattito si svolgesse sui contenuti piuttosto che sugli slogan…


(Stefano Corradino www.articolo21.org)