“C’è uno scarsissimo investimento sui giovani e una sostanziale sregolatezza nell’affrontare il problema. E’ chiaro che il Paese vive una condizione di crisi economica generale ma molte sono le scelte radicalmente sbagliate. A cominciare dalle norme sul precariato”. Così Paola Turci cantautrice romana sensibile e combattiva nei confronti delle ingiustizie nel nostro Paese e all’estero (si guadagna il premio Amnesty Italia 2006 per un brano sulla tragedia del Rwanda) parla del lavoro e del Primo Maggio, che la vedrà impegnata sul palco del Concertone di piazza del Popolo.
Sei tra i protagonisti del concerto del Primo Maggio a Roma. Un appuntamento ricorrente ma che ogni anno sembra rivestire un ruolo più importante in relazione alle condizioni di lavoro sempre più precarie.
Il valore simbolico del Primo Maggio è molto forte, oggi più che mai. E il tema del lavoro non può lasciarci indifferenti. Non si tratta solo di ricordarlo, evocarlo. E’ necessario che ci si metta intorno a un tavolo per ragionare, in modo diverso, su come affrontare le problematiche sempre più drammatiche del mondo del lavoro, l’incertezza, le paure…
Sei una cantante ma con le antenne alzate su ciò che succede nel nostro Paese. E canti le ingiustizie che si perpetrano in Italia. Qual è oggi la prima ingiustizia nel mondo del lavoro?
C’è uno scarsissimo investimento sui giovani e una sostanziale sregolatezza nell’affrontare il problema. E’ chiaro che il Paese vive una condizione di crisi economica generale ma molte sono le scelte radicalmente sbagliate. A cominciare dalle norme sul precariato.
“…l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Il primo articolo della nostra Carta Costituzionale è rispettato nella sostanza oltre che nell’enunciato?
Siamo un grande Paese, una grande macchina in cui il lavoro è il motore. Se però non funziona è inutile avere una splendida carrozzeria…
Il palco del Primo Maggio è un buon contesto per dirlo.
Per me ha una duplice valenza. Perchè ha un tema di forte impegno ed impatto, e poi perchè è un grande concerto rock, la nostra piccola “Woodstock” da tanti anni. Quando vengo invitata invitata a partecipare se posso aderisco sempre con entusiasmo. Canterò quest’anno un brano di Leonard Cohen insieme a Castellitto che reciterà una bellissima lettura scritta da Margaret Mazzantini.
Non avrà potenzialità rivoluzionarie ma la musica, oggi, ha ancora la capacità di sensibilizzare le coscienze?
Ne ha moltissime, anche una sola canzone può avere un effetto dirompente perchè può dare un’emozione, informare e stimolare l’attenzione dei giovani su un tema importante. Vale per la musica ma anche per il cinema. Vale per la cultura e lo spettacolo in generale.
“Il mondo che vorrei” (dall’ultimo cd di Vasco Rossi, star del concerto) è il titolo che quest’anno gli organizzatori hanno scelto di dare al concertone. Esprimi il tuo desiderio su un aspetto del mondo che vorresti cambiare prioritariamente.
Per essere a metà dell’opera dovremmo sbarazzarci delle armi nucleari. Sarebbe un passo grandissimo per ottenere maggiore dialogo tra le popolazione mondiali e per superare quella retorica che spesso riguarda anche temi come la pace e la non violenza.
(Stefano Corradino – www.articolo21.org)