La violazione dei diritti umani è un comportamento esecrabile. Quando a compierla sono singoli individui e ancora di più quando la praticano gli Stati. Se poi ad esserne vittima sono le donne, quando esercitato il loro diritto inalienabile di esprimersi è deplorevole, ingiustificabile, inquietante. Dalla Politkovskaja a Sakineh per citarne alcuni casi.
Anna Stepanovna Politkovskaja era una giornalista russa da sempre impegnata sul fronte dei diritti umani. Quelli negati. In Russia e in Cecenia. Quattro anni fa, il 7 ottobre 2006 viene assassinata a Mosca, nell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. La sua morte ha prodotto una notevole mobilitazione in Russia e nel mondo allo scopo di chiarire le circostanze di un omicidio dai contorni oscuri e torbidi. In Italia in molti, tra i partiti e le associazioni, a partire dai Radicali hanno promosso iniziative per far luce su quest’omidicio. Omicidio politico. Ma a mobilitarsi, con passione e tenacia è stato anche il mondo della cultura, del teatro.
L’attrice Ottavia Piccolo (nella foto) ha deciso di interpretare la parte di Anna in un monologo teatrale dal titolo “Donna non rieducabile” diretto da Silvano Piccardi su un testo di Stefano Massini. Una pièce che ha toccato numerose piazze italiane e che il 6 ottobre nell’ambito dell’iniziativa “Libertà di espressione in Europa e nel mondo” verrà presentata al Parlamento europeo insieme al deputato europeo Davide Sassoli. Abbiamo chiesto all’attrice italiana di parlarci di questo appuntamento. E non solo.
Il Parlamento europeo ha deciso di ricordare Anna Politkovskaja. Che valore ha questa iniziativa?
Un valore, non solo simbolico, molto forte. E siamo molto felici ed onorati di essere in quella sede a parlarne alla vigilia dell’anniversario della morte di Anna. Perchè se lo merita…
La vicenda riguarda una donna di un Paese molto distante dal nostro. Eppure ha creato una grande attenzione anche in Italia. Come te lo spieghi?
La vicenda di Anna ha suscitato interesse e sdegno per la barbara uccisione perchè riguarda una persona semplice, una donna vera non un’eroina. Una giornalista che, come lei stessa affermava, voleva semplicemente fare il suo mestiere, dire quello che osserva, raccontare i fatti.
Avete deciso di raccontare la sua storia in teatro e la gente si è mostrata sensibile.
Molto. E saremo fino a maggio 2011 in molte piazze italiane. Da tre anni e mezzo sono molti che ci chiedono di rappresentare questa vicenda in varie realtà d’Italia. E spesso, intorno allo spettacolo sono nati stimolanti incontri e tavole rotonde sulla libertà di informazione.
Recentemente sei stata “testimonial” anche di una campagna promossa da Articolo21 e altre organizzazioni su un’altra terribile vicenda: quella di Sakineh.
Sì, e approfitterò di questo incontro per rilanciare pubblicamente un nuovo appello contro la sua lapidazione e contro le condanne a morte che si vogliono infliggere nei cosiddetti paesi democratici.
La mobilitazione su queste vicende è innegabile eppure non sei dell’avviso che il ruolo della donna sia tuttora rigidamente imbrigliato in schemi arcaici e limitativi? Nell’ultimo editoriale domenicale su Repubblica, Eugenio Scalfari scrive che “le donne, mai come in questo momento sono vilipese, che quell’emancipazione che sembrava conquistata sta regredendo”. E che “molte di loro non si oppongono più…”
Purtroppo è vero. Per le poche che lottano ce ne sono moltissime che si adeguano e sembrano felici di tornare nell’alveo della sicurezza data dalle figure maschili. E’ terribile perchè pensavamo di aver conquistato molto e invece scopriamo che dobbiamo riconquistarci diritti e dignità giorno per giorno.
Non è solo alla Russia e all’Iran che ti riferisci…
Certo che no. Vedere oggi, nel nostro Paese, rappresentanti politiche che si adattano ad essere trattate, nel migliore dei casi, come delle danzatrici del ventre (con tutto il rispetto per coloro che lo fanno di professione), come delle ancelle, per non usare l’ormai inflazionato termine “veline” è a dir poco imbarazzante…
Tornando al teatro, come se la passa in questo momento?
Male, come tutte le espressioni culturali di questo paese. Vive enormi difficoltà. E reiterate censure.
Culturali?
Sì ma anche economiche. Se riducci all’osso i finanziamenti togli a chi fa teatro la possibilità di lavorare dignitosamente. Ma per fortuna chi lavora nel teatro si rimbocca le maniche e cerca di andare avanti.
Il teatro civile è sveglio e propositivo quindi.
Assolutamente. Penso ai lavori di Paolini, a quelli di Celestini, reduce tra l’altro dal magnifico film “la Pecora nera”.
E il Paese lo è altrettanto? Alla recente manifestazione di piazza San Giovanni lo slogan portante era “Italia, svegliati”! Se e quando l’Italia si dovesse risvegliare, da dove bisognerebbe cominciare?
Dalla scuola. Lì si sta rafforzando uno dei movimenti più vivaci ed appassionati. E la scuola ha una missione fondamentale nella creazione di cittadini con una forte coscienza civile. E’ dai movimenti di queste settimane che traggo molte speranze per il futuro…
(Stefano Corradino – Articolo21)
http://www.articolo21.org/1858/notizia/dalla-politkovskaja-a-sakineh-la-liberta.html