“Precari nella testa, esuli forzati”
a cura di Stefano Corradino (www.raitre.rai.it)
Perchè migliaia di ricercatori italiani lasciano il nostro paese per andare a lavorare in altre realta’ dell’Europa o negli Stati Uniti? Come mai quelli che in altri paesi sono dei “guru” della ricerca, quando vengono da noi entrano subito in conflitto con il “sistema italiano”? Sono queste alcune delle domande a cui il giornalista Riccardo Iacona tentera’ di rispondere nella trasmissione “W la ricerca” in onda martedi’ 21 giugno in prima serata su Raitre.
”W la Ricerca” e’ il terzo lavoro di un discorso iniziato con la le puntate “W gli Sposi” e “W il Mercato”. C’e’ un filo conduttore che lega i tre format?
”W la Ricerca” e’ il capitolo finale di una trilogia sul declino industriale del Paese e sulla mancanza di fiducia nel futuro. L’Italia ha vissuto condizioni economiche precarie ben piu’ gravi di questa, ma mai come in questo momento si e’ letta negli occhi della gente una preoccupazione cosi’ profonda, l’incapacita’ di vedere una luce alla fine del tunnel…
Che rilievo ha, a suo avviso, il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli”?
Negli ultimi dieci anni questo fenomeno si e’ aggravato pesantemente. Tutti i nostri migliori ricercatori hanno dovuto trovare lavoro all’estero. E oggi perfino un ingegnere elettronico, professione molto richiesta, fa fatica a trovare in Italia un’occupazione adeguata alla professionalita’ acquisita. E se il posto di lavoro lo trova rischia comunque di essere solo un altro precario con uno stipendio ridicolo. Cosi’ si diventa “precari nella testa”…
Ci fa qualche esempio?
Alessandra Lanzara e’ una ragazza di 33 anni, oggi professore associato alla Berkley, la piu’ prestigiosa universita’ pubblica statunitense. Per lavorare ad alcuni progetti di ricerca negli Stati Uniti gli hanno dato 4 milioni di dollari. In Italia avrebbe un contratto da precaria non superiore ai mille euro…
L’Italia e’ in coda agli altri Paesi dell’Europa in fatto di spesa per la ricerca. Il problema e’ di scarsita’ di fondi?
Non solo. E’ un problema di scelte politico-economiche, e al tempo stesso culturale. Dove vuole andare un paese che sembra non aver bisogno di fisici, matematici, biologi… e li deve “regalare” ad altri paesi oltretutto in un momento di cosi’ forte concorrenza?
Nel nostro paese servirebbe una rivoluzione democratica che parta dalla valorizzazione del merito individuale.
Cosa intende per “rivoluzione democratica”?
Significa esaltare la meritocrazia indipendentemente dalle condizioni di partenza. Penso ai concorsi, altro scandalo nel fenomeno della ricerca: sono troppo spesso una farsa. Teoricamente aperti a tutti e in realta’ “blindati”, cioe’ gia’ preassegnati a candidati forti.
Come e’ strutturata questa puntata di “W la ricerca?” E quanto tempo avete impiegato per realizzare l’inchiesta?
La struttura e’ sostanzialmente identica agli altri due lavori: un lungo viaggio nel quale ho incontrato varie persone. Le riprese sono durate cinque settimane e ci sono voluti due mesi per il montaggio, ma e’ dallo scorso ottobre che ho cominciato a pensare a questo tema, dopo aver ricevuto numerose e-mail di ricercatori che segnalavano la loro profonda amarezza per la loro condizione di “esuli forzati”…