Kate Omoregbe è in Italia, condannata a scontare quattro anni di carcere per detenzione di droga. Nel 2008 divideva la sua abitazione con altre ragazze. Un giorno mentre si trova da sola in casa il suo appartamento viene perquisito. C’è della droga, di modica quantità. Lei si dichiara innocente ma non le credono. La rinchiudono nella casa circondariale della città del Pollino dove si trova tuttora, in attesa di uscire, in anticipo, per buona condotta.
Ma ciò che la attende fuori dal carcere è ben più allarmante, come ha raccontato Franco Corbelli del Movimento Diritti Civili, che l’ha incontrata nella casa circondariale di Castrovillari: Kate sarà rimpatriata in Nigeria dove l’aspetta un destino ben più atroce: la lapidazione. E’ la pena prevista per aver rifiutato, neanche ventenne, un matrimonio combinato con una persona molto più grande di lei, un anziano autista di quasi 60 anni che lei non conosce, non ama, non vuole.
Kate ha chiesto asilo politico ma se tale richiesta non verrà accettata tra pochi giorni sarà rispedita in Nigeria e subirà la disumana punizione.
Si contano sulle dita giornali e media che se ne sono occupati, molto più interessati a descrivere minuziosamente il fatidico sì dell’altra Kate, sull’altare di Westminster. La petizione ufficiale internazionale ha raccolto poco più di 500 firme, appena 64 sono coloro che hanno aderito alla pagina Facebook italiana allestita per sensibilizzare il popolo della rete.
Sul sito di Articolo21 è stato lanciato un appello per Kate e le firme saranno consegnate nei prossimi giorni al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sperando di fare in tempo.