Nel pomeriggio di ieri, quando la sua maggioranza va sotto sul rendimento economico l’”unto dal Signore”, quello che “si è fatto da solo”, “il miglior presidente degli ultimi 150 anni” preannuncia la fatidica frase che nessuno, a cominciare dai suoi accoliti, avrebbe immaginato di sentirgli pronunciare: “Mi dimetto…”
“Un gesto di responsabilità”. Così, in tanti, si sono affrettati a commentare dai banchi del centrosinistra, quasi commossi per l’improvviso ravvedimento, l’inaspettata folgorazione.
Responsabilità o calcolo studiato a tavolino? Non si è dimesso, come qualsiasi capo di governo avrebbe fatto, ricevuta la sonora batosta parlamentare, con uno spread da record e il rischio sempre più incombente di default, ma ha dato un annuncio: “Mi dimetto dopo la legge di stabilità”. E’ ancora a lui a dettare le regole, i tempi e i modi dell’azione politica.
Forse vale la pena porsi alcuni interrogativi, non solo perchè, come giustamente spiega Peter Gomez, “proprio nella legge di stabilità i suoi uomini tenteranno di inserire un pezzo della sua buonuscita”, ma perchè tante rimangono pesanti incognite. Una su tutte: siamo sicuri che, qualora il presidente Napolitano decidesse di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, Berlusconi non potrebbe decidere di ricandidarsi e tentarle tutte, ma proprio tutte per essere rieletto?
Angelino Alfano, Gianni Letta, Giulio Tremonti sono alcuni dei nomi che compongono la rosa dei possibili candidati del centro destra. Peccato però che, come ha evidenziato ieri sera un recentissimo sondaggio durante la trasmissione Ballarò, non uno tra questi figura tra i favoriti degli italiani. Il primo della lista del centrodestra resta, saldamente, lui: Silvio Berlusconi.
Quello attuale è senza dubbio il momento più basso di popolarità dalla sua discesa in campo a oggi ma in più di un’occasione, quando tanti, quasi tutti lo davano per spacciato, lui ha costruito le condizioni per la sua resurrezione politica (agevolato da una opposizione spesso inconsistente, perennemente litigiosa, che non ha saputo né voluto battersi contro il conflitto di interessi).
Davvero escludiamo che il Caimano possa ripetersi e non riesca, oliando gli ingranaggi della sua persuasiva macchina da guerra, a costruire le basi per un nuovo e più massiccio condizionamento di massa?
“La maggioranza delle persone – affermava Nanni Moretti – e non solo a destra, ormai considera normale che un uomo abbia il monopolio della tv, faccia politica e sia anche capo del governo. La sua vittoria è questa: ormai la bassa qualità della democrazia italiana è considerata un fatto normale, marginale…”
Non è solo una citazione ma appare tuttora, la tragica realtà.