Will McAvoy è un acclamato anchorman. Due settimane dopo un disastroso dibattito in cui si improvvisa novello Don Chisciotte e viene marchiato come antinazionalista, torna nel suo ufficio e scopre che la sua redazione lo ha abbandonato. Intanto negli studi arriva la notizia sconcertante di una pericolosissima fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. E il gruppo si mette in moto. E’ in sintesi la prima puntata di “Newsroom”, la serie televisiva che ha debuttato negli Usa lo scorso anno.
Un telefilm eccellente, per le storie, il ritmo narrativo e il cast.
In onda su Rai3 il giovedì alle ore 22.
“Abbiamo deciso di acquisirla, in esclusiva italiana, perché è una grande serie, una delle migliori degli ultimi anni – spiega il direttore di Rai3 Andrea Vianello intervistato dal sito www.articolo21.info – scritta da una penna straordinaria che è quella di Aaron Sorkin, importante sceneggiatore che annovera, tra le sue recenti creature anche il film “The social network”. “Newsroom”, in America, ha avuto uno straordinario successo anche di critica, vincendo numerosi premi.
Fra tante produzioni straniere perché avete scelto di trasmettere proprio l’americano “Newsroom”?
Mi ha colpito molto la qualità del telefilm ma anche ciò che trasmette. Dietro un racconto, come solo gli americani di oggi sanno fare, realizzato con un modernissimo linguaggio narrativo che mette dentro vita privata, amori, tradimenti, sconfitte e vittorie, c’è il dietro le quinte di una grande redazione giornalistica televisiva americana ma soprattutto un senso ideale del giornalismo; puro, con la schiena dritta, che non guarda al conformismo degli ascolti ma agli interessi del pubblico. Si preoccupa solo di dare le notizie.
Uno incentivo per chi esercita il mestiere del giornalista a rivedere la scaletta dei valori?
Vedere “Newsroom” ti riaccende i fuochi sacri della gioventù, quando pensavi che avresti spaccato il mondo facendo informazione. Poi magari proseguendo nella tua professione rischi di perdere un pò di quel rigore etico che dovrebbe essere un comandamento del nostro mestiere.
Tra l’altro i temi del telefilm traggono spunto da fatti realmente accaduti.
Proprio così. Ci sarà ad esempio una puntata sull’arresto e sull’uccisione di Bin Laden. Si parte sempre da una notizia vera, a volte molto americana e per questo non sempre nota al pubblico italiano. Ma è il modo di raccontarla che fa la differenza. Il modo in cui la macchina giornalistica di “Newsroom” si muove per dare la notizia, senza compromessi né paure del potere ma con un supremo obiettivo: informare.
C’è una frase molto significativa detta, all’inizio della prima puntata: al protagonista, un anchorman, repubblicano scontento e un pò disincantato che ha ceduto alle regole dello show business, viene chiesto perché l’America è il paese migliore del mondo. Lui, alla fine, con uno sbotto che gli costerà caro, risponderà che l’America non è il miglior paese del mondo anche perché non è un paese informato da persone di valore. Risalta così questo concetto importante: un paese è migliore se è bene informato, se dà valore a una informazione corretta, coraggiosa e con la schiena dritta. E questo non vale solo per l’America ma anche per noi.
Ascolti bassi per la prima puntata, ve lo aspettavate?
Non è facile fare ascolti con un telefilm così concepito. Il pubblico della tv generalista non è abituato a una serie con dialoghi così fitti e temi non sempre immediati. Ma voglio tranquillizzare chi ancora non lo ha visto: non è un trattato di giornalismo, ma un telefilm puro, e molto ben fatto che ci racconta uno specchio importante dell’America, quella del giornalismo indipendente, autore delle grandi inchieste a cominciare dal Watergate.
Quindi continuerete a mandarlo in onda indipendentemente dagli ascolti.
Assolutamente sì. E lo replichiamo tutti i sabati dopo “Tv talk” proprio perché pensiamo che più si veda meglio è.
Quando abbiamo deciso di acquisirlo sapevamo di prendere un prodotto correndo il rischio di cedere qualche punto di ascolti ma è una scommessa giusta nell’ottica di sperimentare un linguaggio diverso anche nella tv generalista. “Newsroom” è un oggetto prezioso e delicato e per questo invito il pubblico a vederlo e ad appassionarcisi. Dentro c’è un tesoro narrativo che va assolutamente scoperto.
Magari in futuro ci sarà spazio per un telefilm che trae spunto da una redazione italiana virtuosa…
Sarebbe bello avere in Italia redazioni simili a quella del canale via cavo ACN di “Newsroom”. Tentativi di fare fiction sul giornalismo in Italia ne sono stati fatti ma non sono mai venuti bene. Non so se è colpa nostra. Forse la nostra categoria non riesce a trasmettere l’emozione di altre categorie professionali. Ma se i giornalisti italiani diventeranno meritevoli di suscitare emozioni per una fiction può essere che un giorno arriverà!
Will McAvoy è un acclamato anchorman. Due settimane dopo un disastroso dibattito in cui si improvvisa novello Don Chisciotte e viene marchiato come antinazionalista, torna nel suo ufficio e scopre che la sua redazione lo ha abbandonato. Intanto negli studi arriva la notizia sconcertante di una pericolosissima fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. E il gruppo si mette in moto. E’ in sintesi la prima puntata di “Newsroom”, la serie televisiva che ha debuttato negli Usa lo scorso anno. Un telefilm eccellente, per le storie, il ritmo narrativo e il cast. In onda su Rai3 il giovedì alle ore 22. “Abbiamo deciso di acquisirla, in esclusiva italiana, perché è una grande serie, una delle migliori degli ultimi anni – spiega il direttore di Rai3 Andrea Vianello intervistato dal sito www.articolo21.info – scritta da una penna straordinaria che è quella di Aaron Sorkin, importante sceneggiatore che annovera, tra le sue recenti creature anche il film “The social network”. “Newsroom”, in America, ha avuto uno straordinario successo anche di critica, vincendo numerosi premi.
Fra tante produzioni straniere perché avete scelto di trasmettere proprio l’americano “Newsroom”?
Mi ha colpito molto la qualità del telefilm ma anche ciò che trasmette. Dietro un racconto, come solo gli americani di oggi sanno fare, realizzato con un modernissimo linguaggio narrativo che mette dentro vita privata, amori, tradimenti, sconfitte e vittorie, c’è il dietro le quinte di una grande redazione giornalistica televisiva americana ma soprattutto un senso ideale del giornalismo; puro, con la schiena dritta, che non guarda al conformismo degli ascolti ma agli interessi del pubblico. Si preoccupa solo di dare le notizie.
Uno incentivo per chi esercita il mestiere del giornalista a rivedere la scaletta dei valori?
Vedere “Newsroom” ti riaccende i fuochi sacri della gioventù, quando pensavi che avresti spaccato il mondo facendo informazione. Poi magari proseguendo nella tua professione rischi di perdere un pò di quel rigore etico che dovrebbe essere un comandamento del nostro mestiere.
Tra l’altro i temi del telefilm traggono spunto da fatti realmente accaduti.
Proprio così. Ci sarà ad esempio una puntata sull’arresto e sull’uccisione di Bin Laden. Si parte sempre da una notizia vera, a volte molto americana e per questo non sempre nota al pubblico italiano. Ma è il modo di raccontarla che fa la differenza. Il modo in cui la macchina giornalistica di “Newsroom” si muove per dare la notizia, senza compromessi né paure del potere ma con un supremo obiettivo: informare.
C’è una frase molto significativa detta, all’inizio della prima puntata: al protagonista, un anchorman, repubblicano scontento e un pò disincantato che ha ceduto alle regole dello show business, viene chiesto perché l’America è il paese migliore del mondo. Lui, alla fine, con uno sbotto che gli costerà caro, risponderà che l’America non è il miglior paese del mondo anche perché non è un paese informato da persone di valore. Risalta così questo concetto importante: un paese è migliore se è bene informato, se dà valore a una informazione corretta, coraggiosa e con la schiena dritta. E questo non vale solo per l’America ma anche per noi.
Ascolti bassi per la prima puntata, ve lo aspettavate?
Non è facile fare ascolti con un telefilm così concepito. Il pubblico della tv generalista non è abituato a una serie con dialoghi così fitti e temi non sempre immediati. Ma voglio tranquillizzare chi ancora non lo ha visto: non è un trattato di giornalismo, ma un telefilm puro, e molto ben fatto che ci racconta uno specchio importante dell’America, quella del giornalismo indipendente, autore delle grandi inchieste a cominciare dal Watergate.
Quindi continuerete a mandarlo in onda indipendentemente dagli ascolti.
Assolutamente sì. E lo replichiamo tutti i sabati dopo “Tv talk” proprio perché pensiamo che più si veda meglio è. Quando abbiamo deciso di acquisirlo sapevamo di prendere un prodotto correndo il rischio di cedere qualche punto di ascolti ma è una scommessa giusta nell’ottica di sperimentare un linguaggio diverso anche nella tv generalista. “Newsroom” è un oggetto prezioso e delicato e per questo invito il pubblico a vederlo e ad appassionarcisi. Dentro c’è un tesoro narrativo che va assolutamente scoperto.
Magari in futuro ci sarà spazio per un telefilm che trae spunto da una redazione italiana virtuosa…
Sarebbe bello avere in Italia redazioni simili a quella del canale via cavo ACN di “Newsroom”. Tentativi di fare fiction sul giornalismo in Italia ne sono stati fatti ma non sono mai venuti bene. Non so se è colpa nostra. Forse la nostra categoria non riesce a trasmettere l’emozione di altre categorie professionali. Ma se i giornalisti italiani diventeranno meritevoli di suscitare emozioni per una fiction può essere che un giorno arriverà!
http://www.articolo21.org/2013/10/the-newsroom-orgoglio-giornalistico-intervista-al-direttore-di-rai3-andrea-vianello/
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