“Bastardi islamici”. “Ci fanno la guerra? Rispondiamo con la guerra! Però noi colpiamo più forte”. “Chiudiamo le nostre frontiere”. “Cacciamoli tutti”. “La Francia è dei francesi, l’Italia degli italiani”. Basta un rapido giro su alcuni siti internet italiani per leggere, articoli e commenti che inneggiano all’intervento militare contro il nemico d’oriente. Un lutto consumato in fretta per lasciar posto alla risposta virile: “La guerra la vinciamo noi”. La legge del taglione: occhio per occhio dente per dente.
Ok ci sto. Costituiamo un Consiglio di guerra internazionale, raduniamo gli eserciti più efficienti con il maggiore potenziale bellico e prepariamoci a un attacco massiccio e capillare contro Isis e Al Qaeda. Stabiliamo l’ora X e procediamo. Alleati contro l’invasore, fuoco incrociato, bombardamenti via terra, cielo e mare. Sarà il nostro “Independence day”. Resta un interrogativo: chi dovremmo colpire? E dove? Se distruggiamo “l’astronave madre” – come nel film di Emmerich – le “navicelle figlie” abbandoneranno il terreno di scontro in segno di resa? E se poi dovessimo scoprire che sono più forti di noi? (anche grazie al nostro aiuto, dopo averli finanziati, addestrati ed equipaggiati di armi).
Quella che si sta giocando in questo nuovo millennio non è una partita di Risiko nella quale vince chi ha le armi piu sofisticate e colpisce più forte. La posta in gioco è il disordine globale, il rischio di una terza guerra mondiale come ha più volte paventato Papa Francesco, inascoltato dentro e fuori la sua stessa Chiesa.
Non si tratta di porgere l’altra guancia o di restare a guardare. Ma la risposta non può che essere quella politica e diplomatica. E la necessaria fermezza, la sicurezza, i controlli per fermare i violenti e gli estremisti si devono accompagnare ad una maggiore capacità di integrazione di coloro (e sono la stragrande maggioranza) che lasciano i loro paesi in cerca di un futuro migliore. Perché non vogliono la guerra ma dalla guerra stessa, e dalla miseria, fuggono e si riversano sui nostri suoli.
Abbiamo bombardato indiscriminatamente in questi anni uccidendo decine di migliaia di civili, dal medioriente al nord Africa per poi scoprire, come lo stesso ex premier britannico ha ammesso “scusandosi” per l’intervento in Iraq, che era una guerra sbagliata.
“Le guerre – come ricorda Gino Strada – appaiono inevitabili, lo appaiono sempre quando per anni non si è fatto nulla per evitarle. Se l’uomo non butterà fuori dalla storia la guerra, sarà la guerra che butterà fuori dalla storia l’uomo”.
Articolo di Stefano Corradino pubblicato sul “Il Fatto Quotidiano”