Torna Report e riparte dalla sua vecchia collocazione di domenica alle 21.45, come sempre su Rai3. L’inchiesta della prima puntata si è incentrata su uno dei simboli della cucina italiana: la pizza. E una seconda parte esclusiva e sferzante sui controlli alimentari. Poi un’inchiesta sui fatti della Costa Concordia, e sui misteri del naufragio all’isola del Giglio. E molte altre. Ne parliamo con Milena Gabanelli, autrice e conduttrice di Report, il più noto e autorevole programma di inchiesta giornalistica che, anche in questa edizione, con la passione di sempre, cerca di raccontare l’Italia, senza filtri, nella speranza di farne un paese migliore.
Qual è il filo conduttore della nuova stagione di Report?
I retroscena dei grandi fatti di cronaca e i suggerimenti per cambiare qualche regola.
Tornerete a parlare di corruzione. Cosa viene fuori dalle vostre inchieste? Il copione è sempre lo stesso o il malaffare italiano si è “trasformato”?
Si è un po’ trasformato, se un tempo si rubava per dare al partito, adesso si ruba per sé, per i propri amici, per fare carriera.
La lotta alla corruzione è (quasi) sempre un cavallo di battaglia delle campagne elettorali poi quando i governi si insediano retrocede nelle “agende”. Vale anche per l’attuale esecutivo?
E’ presto per giudicare poiché la corruzione si scopre col tempo. Speriamo di no, speriamo che questa ventata di gioventù non sia ancora stata contaminata. Un argomento che non è mai stato presente nelle campagne elettorali invece, nemmeno nell’ultima, è la lotta all’evasione fiscale. Forse perché vale dieci milioni di voti. Sappiamo che i soldi per far ripartire il paese possono arrivare solo da lì, proprio perché sono tanti, ma su questo fronte sembra che si abbia timore di essere troppo severi con i ladri.
Quali sono gli altri temi di cui vi occuperete e con quale taglio?
Cercheremo di essere soprattutto propositivi, anche con qualche provocazione. Possibile che nel nostro Paese il carcerato non possa essere utilizzato come risorsa? Perché deve passare le giornate a guardare il muro? Perché le carceri sono fatiscenti, con lavandini rotti, muri rotti e infiltrazioni d’acqua? Perché non sono autosufficienti e per la manutenzione bisogna appaltare a ditte esterne? Perché per pulire i parchi, le strade e ridipingere i muri non si incaricano i detenuti con pene lievi e non pericolosi? Succede in tutto il mondo. Da noi no, se li fai lavorare gli devi pagare lo stipendio e i soldi non ci sono. Ma perché bisogna pagare lo stipendio ad un detenuto? Perché l’amministrazione quello stipendio non se lo trattiene per il rimborso delle spese per il suo mantenimento? In questo modo non si adempie anche alla funzione riabilitativa?
In ogni stagione aggiornate anche i contenuti delle vecchie inchieste. Ce n’è qualcuna che ha avuto uno sviluppo particolarmente interessante?
Certo, gli sviluppi sono in corso, nel mondo dello sport, e nelle grandi banche e imprese
400 mila follower su twitter e una pagina facebook che sfiora un milione di fan. Dai social network vi sono arrivate anche segnalazioni di vicende che avete trasformato in inchieste?
No, le segnalazioni importanti seguono altri canali, quelli della posta di redazione, dove il segnalante di solito chiede anche riservatezza.
Due autisti sono stati sospesi per aver rilasciato alcune dichiarazioni a “Presa diretta”. Un caso simile a quello di Report e dei ferrovieri licenziati Un modo per “dissuadere” il dipendente che spiffera quello che non funziona.
E’ polemica sui talk show in tv. Tra chi dice che sono troppi, o troppo uguali o che il “format” è ormai superato. Qual è la tua opinione a riguardo? Secondo me il problema è che la classe dirigente è un po’ sempre la stessa, e stiamo vedendo le stesse facce da troppo tempo, anche se in ruoli diversi. Alla fine annoiano. Comunque il talk ruota attorno alla figura del conduttore, se funziona lui, funziona tutto. Poi non c’è dubbio che anche le star risentono della moltiplicazione dei canali, il diffuso calo di ascolti credo sia soprattutto imputabile a questa recente rivoluzione. In un anno siamo passati da dieci canali in chiaro a centocinquanta, ma gli italiani sempre sessanta milioni sono!
Articolo di Stefano Corradino pubblicato sul Radiocorriere Tv