“Faremo un lavoro attento di informazione, ascolteremo le voci più disparate, costruiremo una narrazione attraverso dei radio documentari. Parleremo di come la misericordia si debba necessariamente tradurre in azioni concrete e non si può esercitare in maniera silenziosa”. E’ questo l’impegno di Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3 Rai che, intervistato dal Radiocorriere Tv, spiega come la sua rete si prepara ad affrontare L’Anno Giubilare che sta per iniziare.
Giubileo della Misericordia. Quale valore ha la parola “misericordia” nell’attualità di questo momento storico?
E’ un’espressione che ha attraversato sotterraneamente e in modo contraddittorio la storia della chiesa e della civiltà. Penso naturalmente alle “sette opere di Misericordia” del Caravaggio, un quadro che aldilà del suo riferimento religioso indica un compito a cui sia la società civile che quella religiosa non sono stati abbastanza fedeli nei secoli. Visitare i carcerati, dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare i pellegrini. Quello che avremmo potuto fare e sul quale siamo stati (e siamo) evasivi. Quel quadro e il termine misericordia sembrano alludere ai drammi del nostro presente, alle emergenze sociali che noi dobbiamo affrontare.
E’ un concetto che acquista ancor più forza alla luce dei recenti fatti tragici di Parigi e al tema del presunto scontro di religioni o di civiltà?
La misericordia ha a che fare con il nostro rapporto con la povertà e con la differenza. L’arte di comprendere con il cuore le sofferenze dell’altro. Qualche tempo fa di fronte alla foto di Ailan (il bambino siriano affogato nel Mediterraneo, ndr) Adriano Sofri si faceva una domanda che si trascina da anni: cosa sarebbe successo se della Shoah avessimo avuto la documentazione che abbiamo ai giorni nostri per raccontare le tragedie? Oggi questi orrori li vediamo. Ogni sera ci sediamo di fronte alla tv, ascoltiamo la radio, leggiamo i giornali, consultiamo la rete e conosciamo nuove voci di sofferenze esposte ai nostri occhi. Ferite aperte e difficili da emarginare.
E quale deve essere la nostra reazione?
Dobbiamo evitare una reazione “di pancia” e comprenderle con la testa e con il cuore, cancellare tutto quello che inquina la nostra percezione della sofferenza, come le tante discussioni geopolitiche e metafisiche degli scontri di civiltà. Dopodiché il concetto di misericordia si deve tradurre in opere e non si può esercitare in maniera silenziosa. Dar da mangiare agli affamati o ospitare i pellegrini devono diventare corpo vivo di un’azione quotidiana.
Le immagini che vediamo continuamente nei media, se decontestualizzate e non approfondite, non rischiano di produrre un’assuefazione o, nel migliore dei casi, un reazione sul momento che in breve tempo svanisce?
Purtroppo è così. Dopo Ailan sono annegati molti altri bambini. Ma già il secondo bambino non conta quasi nulla, per il terzo l’interesse è praticamente zero… Il corpicino di Ailan è stato mostrato in tali e tanti modi che è come se avesse saturato il nostro immaginario esaurito la nostra misericordia. Che invece ha bisogno di tenacia, di tensione continua, non può esaurirsi in uno spot. E’ un lavoro continuo di comprensione con il cuore. E di azione. Se così fosse interpretata potrebbe servire persino come antidoto alla distrazione e alla commozione a tempo.
Radio3 come seguirà l’Anno Giubilare?
Abbiamo già cominciato a parlarne nella trasmissione “Uomini e profeti” che va in onda sabato e domenica. Presteremo inoltre attenzione anche alle radici storiche, religiose e sociali del Giubileo e prevediamo un piccolo progetto sul significato della “Misericordia” nei primi mesi del nuovo anno. Ovviamente troveremo anche altre forme narrative alla luce di ciò che succederà.
A parte la tua rete in che modo pensi che un’informazione laica di servizio pubblico debba occuparsi dell’evento?
Bisogna cercare di seguirlo in tutte le diramazioni possibili. Il Giubileo non merita un’informazione acritica o scettica ma uno sforzo reale di comprensione e una sfida reale di attualizzazione. Bisogna evitare di essere banali.
Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv