335/1357…. Il telefono squilla ma senza risposta. E’ il tipico squillo, un po’ sordo e ovattato, che si sente quando l’interlocutore è all’estero. Il numero di cellulare è quello di Duilio Giammaria, giornalista Rai e inviato in zone di guerra. Dall’Iraq del nord all’Afghanistan. Quando riusciamo a parlarci, dopo vari tentativi, per parlare con lui di tv, informazione e politica estera e della trasmissione di Rai1 “Uno Mattina Estate” che si appresta a condurre dal 3 giugno, Giammaria è proprio in quell’Afghanistan in cui ha realizzato numerosi servizi ottenendo menzioni speciali per il lavoro svolto e vari premi in festival internazionali.
Ancora in Afghanistan. Perché questa volta?
E’ forse curioso dirlo, ma prendo la missione di condurre Uno Mattina con lo stesso atteggiamento che ho quando vado in posti come l’Afghanistan. Il lavoro ovviamente è diverso, ma il modo di porsi rispetto agli avvenimenti in realtà non cambia. Vorrei far emergere le storie, le realtà italiane, vorrei riuscire a raccontare il nostro paese anche con gli occhi di chi, come me, per anni lo ha osservato da fuori. Spesso è un modo per cercare di andare fuori dagli stereotipi e di far emergere realtà con un punto di vista inedito e spero più interessante.
E’ da poco esploso un ordigno al passaggio di un mezzo di militari italiani, nell’ovest dell’Afghanistan: due i soldati rimasti feriti. Qual è la situazione generale in questo momento?
Oggi l’Afghanistan è un paese a pelle di leopardo dove accanto a zone tranquille come quella di Bamyan che ho visitato in questi giorni, si combatte ogni giorno una terribile e sanguinosa guerra.
I temi internazionali non si può dire siano prevalenti in tv. Tuttavia prima la presidente Rai Tarantola (“piú spazio alle crisi dimenticate”) poi recentemente il dg Gubitosi (“diamo voce agli Invisibili”) hanno posto l’accento sulla necessità di un’informazione che accenda i riflettori su temi poco illuminati. E’ un obiettivo da perseguire?
Tutto dipende dalla qualità del racconto. Raccontare l’Italia e metterla a confronto con altri paesi, può essere un’occasione per riflettere su noi stessi. Un modo per far emergere potenzialità e per trovare soluzioni. Che lo vogliamo o no la globalizzazione è arrivata tra noi. O riusciamo a diventarne protagonisti o la vivremo come una difficoltà. Dobbiamo trovare il modo di svegliare il paese e sin dal mattino incoraggiare chi cerca nell’innovazione il modo di uscire dalla crisi.
In questo quadro, da neoconduttore di “Uno Mattina Estate”, cosa portare nel programma di tanta esperienza all’estero?
La gente è molto più interessata al mondo di quanto comunemente si creda. Gli aeroporti sono pieni di italiani che vogliono vedere il mondo con i propri occhi, di cittadini che vanno all’estero per fare affari. In un momento così difficile per la nostra economia dobbiamo aiutare il paese a aprire una finestra sul mondo. Dobbiamo ritrovare il gusto del rischio e dell’intrapresa che hanno permesso alle scorse generazioni di compiere il “miracolo italiano”.
Di nuovo alla conduzione del programma di Rai1 dopo 5 anni. E’ cambiata la trasmissione in questo arco temporale? E in che modo?
La vicedirettrice di Rai 1Maria Pia Ammirati che segue da anni Uno Mattina ha creato un modello produttivo e editoriale di eccellenza. Dalla squadra degli autori ai redattori, dalla regia ai tecnici, il programma ha dimostrato in questi anni che si può fare una televisione popolare e insieme di qualità. Da questo punto di vista, la televisione è molto migliorata. La fiction è diventata una fabbrica d’eccellenza dell’azienda, allo stesso modo penso che l’ampio genere che in gergo si chiama “factual”, debba trovare la chiave giusta per diventare parte del menù televisivo del grande pubblico. Mi piacerebbe che la mia esperienza con Rai1 possa contribuire a portare fatti e opinioni nelle case degli italiani.
E’ cambiato anche il tipo di richiesta di informazione da parte dei telespettatori? E in che termini?
Tutto è in rapida evoluzione. Oggi il pubblico ha accesso a molte altre fonti oltre alla televisione. Il che significa che bisogna pensare a raccontare non solo le notizie, mai i suoi contorni. Il pubblico ha fame di punti di vista diversi, si aspetta da noi non quello che già sanno, ma il retroscena, l’interpretazione. Ma per avere attenzione da parte del pubblico bisogna essere credibili: i nostri spettatori devono vedere in noi i determinati servitori di un’idea in cui la televisione è realmente al servizio del paese. E’ un patto di fiducia che va conquistato ogni giorno con i fatti.
Scoppia una bomba, un giovane con un cellulare riprende la scena in tempo reale, mette il filmato su youtube, poi lo posta su facebook e lo twitta. In questo contesto nuovo per l’informazione qual è il ruolo della tv? E come deve interagire con i nuovi media?
Correre dietro a internet non ha molto senso. Se le reti sociali sono spesso le prime a diffondere le notizie, la televisione rimarrà sempre il luogo dove raccontare per bene la storia. Ciò non significa non essere in grado di interagire con la rete, e anzi dobbiamo fare in modo che i nostri contenuti siano a disposizione a disposizione del pubblico anche sulle piattaforme multimediali e che diventino motivo di discussione sui social network.
Come sarà questa nuova edizione di “Uno Mattina Estate”?
Condurre un programma come Uno Mattina offre la possibilità di un racconto quotidiano ampio e pieno di diverse sfaccettature. Sento molto in questo momento la responsabilità e il dovere di parlare a un paese sotto pressione. La debolezza della politica incrocia la difficile situazione economica. La gente è spesso sfiduciata e in alcuni casi ha addirittura perso la speranza. Ma il nostro è un paese straordinario che ha nel suo codice genetico, il riscatto e la determinazione. Vorrei dare voce alle nuove generazioni, farle sentire protagoniste, mettere in evidenza le risorse nascoste o poco utilizzate. E poi vorrei contribuire anche con un sorriso a togliere ansia e riportare ottimismo nelle case. La televisione è uno straordinario strumento per riscoprire il senso di comunità.
In studio anziché in una zona di guerra. Tasso di adrenalina azzerato oppure è una responsabilità che produce comunque ansia?
L’unica ansia che ho è quella di rispettare, con la qualità dei nostri discorsi, dei nostri reportage, dei nostri ospiti, le aspettative del nostro pubblico. L’unico dovere che sento è quello di rispettare le sensibilità, fare le domande giuste che gli italiani vorrebbero fare: cercare risposte e soluzioni. Il direttore di Rai 1 Giancarlo Leone, che ringrazio per la fiducia accordatami, ci ha dato la missione di contribuire a dimostrare, ogni giorno, che la RAI è una grande azienda di servizio pubblico al servizio del paese. Tutta la mia energia è ora rivolta al raggiungimento di questo obbiettivo.
http://www.ufficiostampa.rai.it/sfogliabile/96887/18254/swf/radiocorriere_22.pdf