Oggi l’Italia, da nord a sud scende in piazza “a difesa della Costituzione”. A Roma e in decine di altre grandi e piccole realtà della penisola. Donne e uomini. Giovani e anziani. Studenti, lavoratori, disoccupati. Dopo il 13 febbraio e l’8 marzo. Aspettando lo sciopero generale, il 25 aprile, il Primo Maggio…
“Ancora un altro corteo? Ma pensate che possa servire a qualcosa?” Così commenta M.R. sul sito di una delle associazioni che promuovono la manifestazione. “Ma non avete altro da fare che scendere in piazza ogni settimana?”
Il mittente è uno solo, ma forse a pensarla così sono in molti…
In realtà, e così iniziamo a rispondere al lettore, avremmo altro da fare. O se non altro vorremmo sì manifestare ma per festeggiare una conquista sociale ottenuta e non sfilare e protestare per un diritto sottratto.
E vorremmo che un’associazione che si richiama all’articolo21 della Costituzione non esistesse perché significherebbe che l’informazione è libera e non è condizionata dal potente di turno, economico o politico. E i partigiani, dopo anni di dure lotte avrebbero preferito raccontare favole a lieto fine ai propri nipoti piuttosto che indignarsi e difendere la memoria dai negazionisti.
E i lavoratori, gli studenti e i ricercatori, in questi mesi invernali avrebbero voluto evitare di accamparsi sul tetto di una fabbrica o di una scuola per reclamare un impiego dignitoso, il sostegno alla scuola pubblica e quello alla ricerca che ci vede fanalini di coda in Europa. E se l’Italia “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” perché gli operatori di pace sono costretti a marciare ogni anno da Perugia ad Assisi per ricordarlo? E se l’acqua, come l’aria è un bisogno primario per la sopravvivenza dell’umanità perché dobbiamo allestire banchetti e raccogliere migliaia di firme affinché questo diritto sia garantito a tutti? E perché un cittadino qualunque viene processato dal tribunale di competenza e deve rispettare il giorno di convocazione mentre qualcuno, può chiedere il trasferimento di un’inchiesta e rifiutarsi di rispondere alle domande di un magistrato? E poi perché un potente può permettersi l’acquisto una casa di lusso a un prezzo stracciato mentre a due anni di distanza da un tragico evento sismico le abitazioni in cui sono cresciuti migliaia di abruzzesi sono tuttora tra le macerie? Ma se “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e il sistema tributario è informato a criteri di progressività” perché i più ricchi continuano indisturbati ad evadere le tasse? E non sta scritto nella Costituzione che la salute è un diritto fondamentale dell’individuo? E perché allora un malato deve crepare nel corridoio di un ospedale in attesa che si liberi un reparto o una sala operatoria?
E’ per questa ragione che oggi scendiamo in piazza. Perché qualcuno risponda a queste domande.
A Roma oggi, dalle ore 14 partirà un corteo da piazza della Repubblica fino a piazza del Popolo. E si percorreranno le strade della capitale nel più “tradizionale” dei modi, portando con sè grandi bandiere. Né rosse, né verdi né viola ma tricolore. Non per un attacco fulminante di patriottismo ma perché vogliamo che per una volta ciascuno metta da parte i propri simboli e colori, tutti legittimi e sacrosanti, per far sì che da un lungo corteo e da una piazza gremita si innalzi un coro unito di voci in difesa dei principi di una Carta, per dirla con Calamandrei sempre attuale e viva “perché qualcuno è morto per riscattare libertà e dignità”.
E così rispondiamo all’altra domanda dell’anonimo lettore: “Servirà a qualcosa?” Rovescerà il sistema? Manderà a casa chi ci sta privando dei nostri diritti fondamentali e sta uccidendo le speranze e il sogno di una società e di un futuro migliore? Probabilmente no, non da un giorno all’altro quantomeno. Ma ciò che è sicuro è che niente cambierà se non lotteremo insieme per ottenerlo. Perché, come ripeteva un giovane medico rivoluzionario di un continente lontano “quando si sogna da soli è solo un sogno, quando si sogna in due è una realtà che comincia”.
(di Stefano Corradino)