“La vicenda della Thyssekrupp non è solo un fatto di cronaca tragica. E’ qualcosa di più. E’ una fotografia del nostro Paese in questo momento. Ho voluto farlo perché dopo i funerali stava scendendo il silenzio su questa storia. La memoria non ha solo la funzione di ricordare, ma soprattutto quella di cercare di capire come si possa morire di lavoro nell’Italia del 2008 e in un modo così tremendo”. Il direttore di Repubblica Ezio Mauro, in quest’intervista ad Articolo21 ci parla del significato della serata che questa sera l’Ambra Jovinelli dedica alle vittime della Thyssen. Una serata voluta dagli attori Paola Cortellesi che reciterà un testo del direttore, Valerio Mastandrea, Claudio Gioè. “Il teatro – afferma Ezio Mauro – restituisce la parola ai testimoni e ai protagonisti di questa drammatica vicenda”.
Questa sera all’Ambra Jovinelli una serata per ricordare le vittime della tragedia della Thyssenkrupp. Il ricavato sarà devoluto ai familiari. Perchè ha sentito la necessità di promuoverla?
Premetto che la decisione di organizzare questa iniziativa non è mia ma dell’Ambra Jovinelli e degli attori Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea e Claudio Gioè. La Cortellesi mi ha chiesto di recitare il testo che avevo pubblicato su Repubblica e ho accolto molto volentieri questa proposta. Ho ampliato quel testo con testimonianze che mi erano rimaste nel taccuino perché non ci stavano nelle due pagine che Repubblica ha dedicato alla storia. Ho potuto così aggiungere altre cose che mi dispiaceva lasciar fuori.
Ha preso molto a cuore questa ennesima tragedia di morte sul lavoro
L’ho definita uno scandalo della democrazia. E ho voluto andare a verificarla, cercando di capirla fino in fondo proprio perché ritengo sia una storia con una portata che va al di là del singolo episodio. Non è solo un fatto di cronaca tragica ma qualcosa di più. E’ una fotografia del nostro Paese in questo momento. E ho voluto farlo perché, dopo i funerali, stava scendendo il silenzio su questa storia.
Una responsabilità da cui non è esente l’informazione
Forse in questi anni c’è stata poca sensibilità su un tema così grave. E a ciò si unisce la riduzione della figura sociopolitica dell’operaio, quella “trasparenza” che gli operai della Thyssen denunciano quando dicono di essere diventati invisibili. L’operaio che diventa invisibile e perde peso e considerazione nella società automaticamente perde capacità di rappresentanza e tutela anche all’interno della fabbrica. Quello che si verifica è un indebolimento progressivo della cornice di tutela e garanzia che dovrebbe circondare il lavoro operaio e quello più difficile come la manodopera nelle lavorazioni dell’acciaio, quel lavoro, come recita il titolo della lettura di questa sera, “fatto col ferro e col fuoco”.
La tragedia si è consumata mentre quella fabbrica era sul punto di chiudere. Pezzi importanti di lavorazione si erano spostati a Terni… Un altro elemento di precarietà…
Certamente. In questo caso far valere i normali sistemi di tutela e di garanzia, come affermano gli stessi lavoratori, era più complicato. Per una sorte di ricatto implicito: il lavoro è precario, non si sa cosa si troverà dopo, se il lavoro continuerà, e in quali condizioni. Così ci si adatta a fare tutto in condizioni particolari… Che in alcuni casi possono portare alla tragedia…
La responsabilità di chi è? Dell’impresa o della politica?
Tocca alla magistratura accertare e fare giustizia. Noi abbiamo il dovere della presa di coscienza, della denuncia, di tener viva la memoria. Ma se non lo trasformiamo in un momento di assunzione collettiva di responsabilità allora davvero si tratta di morti inutili, o addirittura della trasformazione di una tragedia in un fatto “spettacolare”. Ed è proprio quello che dobbiamo evitare.
In termini di responsabilità neanche la politica può sentirsi esente. Fino a poco tempo fa gli operai sembravano essere davvero invisibili, spariti dalla scena politica, derubricati…
Ho scritto nel mio pezzo che nel consiglio comunale di Torino c’è un solo operaio. Questo la dice lunga. Solo dopo la vicenda della Thyssen i partiti hanno sentito la necessità di riportare gli operai in lista e rimetterli in qualche modo al centro di un protagonismo politico. Una scelta tardiva ma giusta.
Questa sera “l’arduo” compito lo svolge la cultura.
Che di questa vicenda se ne faccia una lettura a teatro la ritengo una cosa importante. Perché il teatro restituisce la parola ai testimoni e ai protagonisti di questa tragedia. La memoria non ha solo la funzione di ricordare, ma soprattutto quella di cercare di capire come si possa morire di lavoro nell’Italia del 2008 e in un modo così tremendo”.
(Stefano Corradino – www.articolo21.org)