Dopo due anni e mezzo alla guida di Agorà, il talk show della mattina di Rai3, Andrea Vianello, neo direttore della rete ha lasciato la conduzione nelle mani di Gerardo Greco, storico corrispondente Rai dagli Stati Uniti. “Raccolgo il testimone di una trasmissione che ha cambiato il volto dell’ informazione politica rendendola più comprensibile e fluida” afferma Greco. “In un momento delicato raccontiamo l’Italia senza filtri, così come è uscita da questa tornata elettorale”.
Dieci anni corrispondente Rai da New York
Di più, quasi tredici
Da inviato a conduttore, come cambia il lavoro?
In fondo è sempre lo stesso. Resti un giornalista, un cronista. Si raccontano comunque delle storie anche se conduci un talk show. Che tu sia nell’Oiwa a raccontare la campagna elettorale di Obama o in diretta da Roma per spiegare i grovigli istituzionali della politica italiana è sempre un grande racconto. E io mi regolo allo stesso modo.
Ad Agorà esordio con ascolti record
Meno male, il mio intento era traghettare senza danni la trasmissione inventata e costruita molto sapientemente da Andrea (Vianello, ndr) e devo dire che ci siamo riusciti mantenendo ascolti e interesse.
Avete un’impostazione piuttosto simile in trasmissione. Perfino nella voce c’è una sorta di osmosi
Penso dipenda dal fatto che in qualche modo io e Andrea in questi ultimi 15 anni ci siamo “inseguiti” sul piano professionale: ho ereditato dalla redazione cronaca la sua scrivania, poi a Radio Anch’io e successivamente a New York. Doveva partire lui ma alla fine ci sono andato io.
Una situazione politica italiana così inedita aiuta nel racconto quotidiano?
Beh non capita tutti i giorni esordire alla conduzione di una trasmissione mentre vaticano, governo, parlamento, Quirinale sono vacanti
Con tanti commentatori che vogliono dire la loro
Una volta, si diceva, “siamo un paese di ct”, di commissari tecnici; oggi potremmo dire di opinionisti politici.
Anche a New York non si sono fatti mancare niente in questi anni…
Sicuramente. L’11 settembre, le guerre, l’avvento e la riconferma di Obama. Poi però se arrivi a Roma è chiaro che tutto può succedere anche qui… Basti pensare al fatto che per la prima volta in 2mila anni di storia un papa si dimette e si è dovuto eleggerne un altro…
L’importante è avere le storie.
Ma bisogna anche saperle raccontare.
I talk show pullulano in tv. Come si fa a non essere ripetitivi e ad avere un proprio stile? Con quale spirito lei affronta la conduzione?
Ho proseguito l’impostazione data da Andrea Vianello, quella della migliore obiettività possibile.
L’esperienza americana nell’informazione deve essere stata utile.
Indubbiamente, la scuola americana è quella della maggiore obiettività possibile. La famosa separazione dei fatti dalle opinioni come scriveva Panorama negli anni ‘70. La chiave di lettura è la realtà. Come dice Obama “here’s urgency of now”, l’urgenza delle cose che stanno accadendo in questo momento.
Ci sono temi importanti poco illuminati dalla tv?
Il nostro sforzo è proprio questo: evidenziare gli argomenti più rilevanti che testimoniano il profondo malessere italiano. Giorni fa abbiamo aperto una finestra con la città di Modugno, sede della Bridgestone di cui non si parla più di tanto. Le urla degli operai erano una fotografia disperata del Paese.
Un malessere che ha determinato lo scollamento dalla politica .
E il nostro impegno è anche quello di “rincollare” la realtà alle cose, raccontare la frustrazione del Paese, il dialogo interrotto tra le istituzioni e i cittadini.
Il nuovo Parlamento è molto diverso da quelli precedenti. Cambiano inevitabilmente anche gli ospiti dei talk show…
Indubbiamente, ha il tasso più alto di giovani e di donne ed è soprattutto a loro che chiederemo di raccontarci questa Italia appena uscita dalle urne. Che alle urne potrebbe anche ritornarci presto.
Ad Agorà vedremo anche i “grillini”?
Alcuni sono già venuti una volta per spiegare in trasmissione chi sono.
Il loro leader no…
Magari ad avercelo in studio ma non è andato in nessun talk show. In ogni caso il dibattito non si fa solo con i leader o con i volti noti, più facilmente riconoscibili in tv. La politica è fatta da chi è stato eletto ma anche da chi è andato o non è andato a votare. Da chi milita nei partiti, da chi è attivo nei movimenti, nelle associazioni. Le storie dei cittadini, con i loro bisogni, le difficoltà, le speranze… Questa è l’inversione di tendenza che serve nel racconto dell’Italia di oggi. E di domani.
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