Giovanna Marini, ieri sera al Carmine è stata una cantante/narratrice che ha sfidato la corrente. Anche quella elettrica… Perché per quasi due ore, senza amplificazioni né microfoni una donna, vestita di nero, con i capelli grigi e una “coscienza rossa”, non sbiadita dal tempo e da tentazioni revisionistiche, ha ipnotizzato una platea di oltre centoventi persone accorse alla Sala del Carmine per ascoltare questa cantastorie di altri tempi.
All’ipnosi collettiva ha contribuito il Quartetto Urbano+Friends, quattro voci a cappella che si intrecciano armoniosamente. Se qualcuno li avesse ascoltati senza vederli avrebbe potuto pensare ad una corale polifonica di dieci e più elementi.
Lo spettacolo è scandito da storie narrate e canzoni popolari. Raccontano di episodi semplici; e toccanti. Persone semplici; e toccate da esperienze dolorose. Storie di duro lavoro o di faticosa emigrazione come quella presa in prestito da Giuseppe Migliello dipendente alla Camera di Lavoro di Matera ma soprattutto cantastorie appassionato. O quelle delle mondine di Vercelli. O le storie vissute da Giovanna direttamente come quando a Spoleto nel 64 rischiò il “linciaggio” cantando a cospetto degli ufficiali brani contro la guerra.
Due ore intense che il pubblico ha seguito attentamente. Coscientemente. Applaudendo al termine di ogni brano e accompagnando con il battito delle mani un inno alla libertà, alla giustizia e al sussulto delle coscienze individuali e collettive.
(Stefano Corradino – www.orvietosi.it)