“In questo anno intenso, terribile abbiamo visto tutto il male del mondo. Ora vogliamo la verità e la vogliamo tutta”. Così la famiglia Regeni nel primo anniversario della morte di Giulio. Già, perché a un anno di distanza dalla scomparsa Dal Cairo non c’è ancora una pista ritenuta credibile dagli inquirenti italiani. Un anno di omissioni, reticenze, depistaggi. Regeni omosessuale, Regeni tossicodipendente, Regeni e i suoi rapporti equivoci. Tutto falso e ordito solo per fuorviare le indagini.
Quasi tutti fallimentari i vertici che da aprile scorso si sono tenuti tra Roma e Il Cairo. La “piena collaborazione” garantita inizialmente dalle autorità egiziane è stata smentita nei fatti: l’invio dei tabulati telefonici e l’acquisizione delle immagini di alcune telecamere a circuito chiuso richieste dall’Italia sono state puntualmente negate e ai pochi testimoni, interrogati per ore dalla polizia egiziana, è stato concesso di parlare con gli investigatori italiani solo per alcuni minuti. E solo 48 ore fa le autorità giudiziarie egiziane hanno concesso all’Italia di poter inviare degli esperti per recuperare materiale video legato alla vicenda del rapimento e dell’uccisione di Giulio.
Verità e giustizia. E’ ciò che chiedono familiari ed amici di Giulio e le tante associazioni che si sono da subito mobilitate. E sono oltre 20 le manifestazioni che si terranno in tutta Italia nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa.
Nonostante siano passati 365 giorni – scrive Amnesty International che ha promosso le iniziative – la verità sull’arresto, la sparizione, la tortura e l’uccisione del giovane ricercatore italiano è ancora lontana”.