Scorrendo lungo le pagine di un sito web che registra le ricorrenze storiche ho notato che il 12 maggio in Italia e nel mondo si sono verificati vari eventi con un comune denominatore: il ruolo delle donne.
12 maggio 1928: Benito Mussolini revoca il diritto di voto alle donne.
Il fascismo impose una cultura ancor più patriarcale non solo proibendo l’aborto, la vendita di contraccettivi e l’educazione sessuale ma limitando radicalmente la partecipazione sociale delle donne: quando gli uomini italiani dovettero andare al fronte le donne dovevano occuparsi della famiglia. Al loro ritorno dalla guerra le mogli venivano ricollocate nel loro posto di eterne casalinghe.
12 maggio 1974: 37 milioni di italiani votano al referendum per il divorzio.
Quel responso fu ottenuto grazie alle lotte intraprese dalle donne contro una condizione di discriminazione che le escludeva da quei diritti “universali” che anche dal punto di vista normativo erano appannaggio dei soli soggetti maschili. Ma non era una lotta per l’eguaglianza bensì per la differenza, per il riconoscimento dei principi di soggettività, libertà, autodeterminazione. Contro quella logica maschile occidentale che relegava il loro corpo al silenzio, all’uniformità, alla soggezione.
12 maggio 1978: Negli Usa viene stabilito che non si potranno più dare agli uragani solo nomi femminili.
Una conquista che può apparire banale eppure fu il risultato di una forte rivendicazione simbolica da parte delle associazioni femminili che vedevano nella pratica di designare come “donna” i fenomeni distruttivi un segno di discriminazione (le donne “isteriche” come le famose “furie” della mitologia greca).
La coincidenza dei tre avvenimenti nella stessa data dovrebbe servirci come spunto per una riflessione sulla condizione femminile. Ci aiutano alcuni dati: tra il 20 e il 50% delle donne in Europa ha subìto violenza (Unicef); solo il 46% delle donne italiane ha un lavoro (Istat).
L’Italia si trova appena al 55esimo posto nella classifica mondiale delle nazioni con la più alta rappresentanza parlamentare femminile (Ministero delle pari opportunità). “A vedere le piccole percentuali di donne elette in Parlamento in Italia cadono le braccia” ha detto ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli studenti di Firenze.
E per non parlare dell’uso indiscriminato e offensivo del corpo femminile nella pubblicità e nei media. Non è un tema da relegare alla ricorrenza dell’8 marzo ma che dovrebbe impegnarci tutti in una riflessione quotidiana sul modello di società che vogliamo costruire. Una riflessione che dovrebbe investire tutti. Le donne stesse e in particolare gli uomini. Quelli che “non cambiano”, come tuonava con passione la cantante Mia Martini, scomparsa nel 1995, proprio il 12 maggio…
(Stefano Corradino)
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