GUIDO BARLOZZETTI: "Una finestra sul mondo per dare il buongiorno all’Italia"

“Uno Mattina caffè” è un magazine di intrattenimento, in onda su Rai1 dal lunedì al venerdì, a partire dalle 6.10 con notizie e curiosità da tutto il mondo e ospiti in studio che commentano le novità del giorno, insieme a Guido Barlozzetti, conduttore dallo stile leggero e ironico. La prossima estate per “Uno Mattina” farà delle incursioni girando per l’Italia alla ricerca di capolavori nascosti nella pittura e nell’architettura. “E poi andremo alla Mostra del Cinema di Venezia – racconta Barlozzetti – per raccontare il cinema che tanto ci piace”. Che è la sua grande passione come lui stesso scrive nella breve autobiografia sul sito di “Uno Mattina”: “sono nato ad Orvieto, davanti ad un’arena cinematografica e il cinema è un mondo parallelo in cui continuo ad abitare”.

Uno Mattina Caffè. Andate in onda alle 6:10 del mattino. Chi è il pubblico televisivo di questa fascia oraria?
Sono soprattutto coloro che si alzano presto per andare a lavorare e che, purtroppo per loro, non si possono permettere di dormire più a lungo.

Sono in tanti a seguire il programma?
Sì, e siamo stupiti degli ascolti considerando che prima di noi non ci sono programmi specifici ma i normali “riempitivi” notturni. E i nostri ascolti consentono ai programmi che seguono di avere un buon traino.

A quell’ora forse è troppo presto entrare a testa bassa nel dibattito politico
E infatti non lo facciamo. Diamo alcune informazioni essenziali senza approfondire, compito che spetta al programma che segue. Il nostro è un accompagnamento culturale e di costume. Parliamo molto di libri e di spettacolo ma anche di attualità. Con molti ospiti, a volte anche troppi, e ciò conferma l’interesse per il programma. 

“Uno Mattina Caffè” va in onda da quasi due anni. La formula è sempre la stessa o nel tempo è cambiata magari perché sono mutate le esigenze di informazione del telespettatore?
Un’evoluzione c’è stata. All’inizio eravamo per lo più un programma di intrattenimento. Ora, nei nostri 25 minuti di trasmissione abbiamo rafforzato il profilo di servizio, consolidando gli aspetti culturali e sociali: l’attenzione ai problemi della vita quotidiana con particolare attenzione alla crisi economica, al lavoro, alla dignità della donna, solo per citare alcuni temi. Un taglio che intendiamo rafforzare ulteriormente.

Una conduzione con un linguaggio molto ironico. La tv ha bisogno di maggiore leggerezza (intesa non come “inconsistenza” ma come sottrazione di peso alle cose)?
Io credo che la tv, almeno quella di servizio pubblico in cui continuo a credere, debba tornare ad avere capacità di lavorare sui contenuti. Anche i più difficili. Per questo, utilizzare un linguaggio ironico e “leggero” può essere utile ad avvicinare anche un tipo di pubblico che certi argomenti non li frequenta.

Il cambiamento della televisione con l’introduzione dei canali digitali e satellitari e la diffusione così pervasiva della rete costringono la tv pubblica e generalista a un ripensamento? E in che termini?
E’ cambiata completamente la cornice della televisione. Un tempo la tv era il medium centrale oggi è una delle tante piattaforme a disposizione del pubblico e il sistema televisivo è piuttosto arretrato; si è costruito una sorta di bozzolo intorno fermandosi ad un vecchia tv – con il massimo rispetto per ciò che la tv è stata fino ad oggi – senza avere le condizioni, i mezzi, le strategie per capire e affrontare il nuovo scenario.
La televisione sarà sempre di più consumata anche in altri modi, da un pubblico diverso per attitudini, ritmi di tempo, modalità personali ad interagire. Ciò rende urgente la necessità di confrontarsi con un rinnovamento sia dei programmi che delle vecchie logiche del palinsesto, ferme a quando la televisione era l’unico strumento di massa.

Oggi il pubblico è diverso?
E’ un pubblico frammentato:  la persona stessa, nell’arco della giornata adotta le più svariate modalità di interazione con il telefonino, il tablet, la rete, la tv, la radio in macchina. Il palinsesto non è più quello delle reti ma diventa “personale”.  Questa separazione è una condizione che la tv deve assolutamente affrontare in un orizzonte strategico . E il servizio pubblico in questo senso dovrebbe essere l’antesignano anche perché l’innovazione tecnologica è stata da sempre una caratteristica costitutiva del servizio pubblico.

Il 14 giugno prossimo in diretta su Rai1 saranno assegnati i David Di Donatello. Quest’anno sarà una gara tra “Diaz” di Daniele Vicari e “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore. Da appassionato di cinema qual è il suo giudizio sui film in gara?
Sono due film importanti. A me personalmente dal punto di vista cinematografico non mi hanno appassionato. Il film di Tornatore si perde nelle maglie di una sceneggiatura che il regista ad un certo punto sembra non controllare più, al di là dei meriti formali che ha il film, e che sono molti tra l’altro. L’altro, “Diaz”, che affronta un argomento fondamentale perché riguarda la democrazia del nostro Paese,  non tiene il confronto con le immagini reali terribili che abbiamo visto a Genova ma non riesce nemmeno a scavare dietro le ragioni di quello che è successo. Nonostante ciò il film ha la forza indubbia di richiamare l’attenzione su questa brutta vicenda. 

Ci sono film migliori tra quelli che hanno ricevuto la nomination? Ad esempio quello di Andò con Toni Servillo?
Trovo “Viva la libertà” un film bellissimo e penso sia il più interessante della cinquina. Però ci sono delle dimenticanze come “Bellas Mariposas” di Salvatore Mereu e l’altro “Su Re” di Giovanni Columbu, due film sardi, il primo è una commedia l’altro è una sorta di viaggio antropologico nella Sardegna. Entrambi ottimi.

Qual è oggi il rapporto tra cinema e tv? E la fiction?
Ormai la tv generalista si alimenta di fiction. Il vero problema è quello di costruire un’industria audiovisiva in grado di alimentare i palinsesti della tv e devo dire che Rai Fiction ci riesce molto bene, basti pensare agli ascolti del Commissario Montalbano.
Il cinema italiano è stato per molti anni finanziato dalla televisione e questo non gli ha fatto molto bene. Ora invece si sta rendendo autonomo anche perché con la crisi non ci sono più soldi e così nascono nuove produzioni indipendenti e coraggiose. E rinascono anche tentativi di cinema italiano diversi dal solito. Dal film della Tognazzi a quello di Sorrentino che andrà a Cannes. Il cinema italiano ha una grande forza e dovrebbe sostenuto anche da un circuito di distribuzione altrettanto forte. Che non lo é.

Siamo pieni di multisale, probabilmente ci sono più sale di un tempo
E’ così, ma alla fine temo siano una iattura perché fanno sempre gli stessi 5-6 film. Le multisale, paradossalmente, invece di allargare l’offerta l’hanno ristretta…

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