da “L’UNITA'” –
Intervista a Stefano Corradino, 38 anni, giornalista, direttore articolo 21.
Cosa serve al Paese?
Serve una classe (politica) dirigente che non parta sconfitta pensando che Berlusconi rivinca, prima ancora di iniziare la competizione. Serve una classe non dirigente ma che ritrovi la sua funzione di “classe”, o quantomeno di categoria, e si batta per costruire una società nuova e più eguale. Forze che interagiscano e non conducano battaglie corporative: gli studenti, gli operai, le partite Iva. I sogni sono diversi ma il diritto al lavoro, alla pace, ad istruirsi e curarsi gratuitamente deve riguardare tutti.
Cosa puoi/vuoi fare?
Posso cercare intanto di partire da me. “Il personale è politico” recitava uno slogan sempre attuale. La lealtà nei comportamenti quotidiani, la gentilezza, il rispetto dell’altro, un sostegno a distanza e uno ravvicinato, un rifiuto in un contenitore differenziato… E un lavoro quotidiano, attraverso la rete, per raccontare i fatti e dare la possibilità a chi vuole di fare altrettanto. Perchè abbiamo bisogno di un’informazione libera, senza padrini nè padroni.
La prima cosa che faresti concretamente?
Metterei nuove panchine nelle piazze, nelle strade, nei parchi. Luoghi di sosta, utopie realizzate, come scrive nell’omonimo romanzo Beppe Sebaste. Ci si siede e si sogna un mondo migliore. Poi si siede un altro, e un terzo e un quarto. E mentre ognuno guarda il mondo circostante e sogna si comincia a dialogare. Ed è la nuova realtà che comincia.
http://www.unita.it/news/102622/i_nuovi_volti_per_cambiare_litalia5_serve_coraggio_e_passione
I nuovi volti per cambiare l’Italia/5 «Serve coraggio e passione»
di Giuseppe Rizzotutti gli articoli dell’autore
Scriveteci sul nostro sito, e.mail o Facebook
Le proposte finora pubblicate: 1 | 2 | 3 | 4 | 5
STEFANO CORRADINO, 33 anni, giornalista, direttore articolo 21
Cosa serve al Paese?
Serve una classe (politica) dirigente che non parta sconfitta pensando che Berlusconi rivinca, prima ancora di iniziare la competizione. Serve una classe non dirigente ma che ritrovi la sua funzione di “classe”, o quantomeno di categoria, e si batta per costruire una società nuova e più eguale. Forze che interagiscano e non conducano battaglie corporative: gli studenti, gli operai, le partite Iva. I sogni sono diversi ma il diritto al lavoro, alla pace, ad istruirsi e curarsi gratuitamente deve riguardare tutti.
Cosa puoi/vuoi fare?
Posso cercare intanto di partire da me. “Il personale è politico” recitava uno slogan sempre attuale. La lealtà nei comportamenti quotidiani, la gentilezza, il rispetto dell’altro, un sostegno a distanza e uno ravvicinato, un rifiuto in un contenitore differenziato… E un lavoro quotidiano, attraverso la rete, per raccontare i fatti e dare la possibilità a chi vuole di fare altrettanto. Perchè abbiamo bisogno di un’informazione libera, senza padrini nè padroni.
La prima cosa che faresti concretamente?
Metterei nuove panchine nelle piazze, nelle strade, nei parchi. Luoghi di sosta, utopie realizzate, come scrive nell’omonimo romanzo Beppe Sebaste. Ci si siede e si sogna un mondo migliore. Poi si siede un altro, e un terzo e un quarto. E mentre ognuno guarda il mondo circostante e sogna si comincia a dialogare. Ed è la nuova realtà che comincia.