“Il jazz è un’eccellenza del nostro Paese e per questo va sostenuto, incentivato, finanziato”. Lo sottolinea con forza al Radiocorriere Tv Renzo Arbore, presidente onorario della Fondazione Umbria Jazz. “Il jazz ci fa conoscere in tutto il mondo attraverso i suoi interpreti straordinari, che io ho incontrato dovunque: dall’Australia al Brasile, dal Nord America al Sud America. Grandi musicisti che danno del filo da torcere agli americani, quindi le istituzioni, per aumentare il prestigio del nostro paese, dovrebbero promuovere insieme alla moda, alla gastronomia, al design, al cinema, al melodramma, anche il jazz italiano”.
I nostri jazzisti non sfigurano quindi davanti ai grandi nomi americani
Tutt’altro. Ed è opportuno ricordare che le origini del jazz sono anche italiane. Anni fa realizzai uno speciale dal titolo “Da Palermo a New Orleans…e fu subito Jazz” diretto dal compianto regista Riccardo Di Blasi. Raccontammo le vicende artistiche e umane della “Original Dixieland Jazz Band”, capitanata dal siciliano Nick La Rocca che incise a New York nel 1917 il primo disco al mondo di jazz.
Gli appassionati del jazz in Italia sono in aumento?
E’ una passione che cresce. Sono tanti quelli che una volta entrati in contatto con il jazz “abbandonano” gli altri generi perché si innamorano di questa nobilissima espressione musicale. E la manifestazione Umbria Jazz ha contribuito a far crescere il numero dei “seguaci” anche grazie alle contaminazioni volute dal direttore artistico Carlo Pagnotta che, all’interno del festival estivo a Perugia, ha invitato anche grandi artisti rock o della musica brasiliana che si sono armoniosamente fusi con le performance jazzistiche.
Tutti i grandi jazzisti americani hanno solcato i palchi delle manifestazioni italiane. E’ così ancora oggi?
Per i musicisti americani partecipare a manifestazioni come Umbria Jazz è come ricevere una medaglia. Oltretutto suonare in cornici suggestive come Perugia o Orvieto aumenta considerevolmente il piacere nelle partecipazione. Qualche anno fa il New York Times fece una pagina dedicata a Umbria Jazz intitolata “Jazz festival italian style” in cui si esaltava lo “stile italiano”.
In Italia il jazz andrebbe promosso meglio?
Il jazz è davvero un’eccellenza italiana ed è indispensabile che sia sostenuto, anche economicamente, affinché si diffonda ulteriormente e si consenta ai musicisti di potersi esprimere e farsi conoscere. Ero in Sicilia qualche giorno fa e ho sentito giovani jazzisti straordinari che però non possono permettersi di vivere a Roma o a Milano dove potrebbero avere maggiore visibilità. E allora restano lì a suonare tra di loro, quasi in clandestinità. E con il jazz purtroppo non ci campi.
La tv può essere d’aiuto?
Qualche spazio televisivo in più dedicato al jazz non guasterebbe. C’è l’ottima trasmissione “Sostiene Bollani” su Rai3 e anche Rai5 si sta muovendo bene in questo ambito. Perché non pensare ad esempio a un “talent dei musicisti”? Jazz e non solo. Musicisti rock, blues, di classica. E’ un’idea che butto lì…”
Intervista a cura di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv