“Un governo senza media liberi e vitali non è possibile”. Così Barack Obama lo scorso 9 maggio esordisce alla cena dei corrispondenti esteri. Liberi. Di informare, di criticare le istituzioni, fare le pulci ai governi di turno, liberi di fare le domande. Se non è questo il ruolo di media e stampa quale altro? Il presidente Usa ha ben chiaro il valore dell’informazione nell’affermare che dei buoni media “aiutano il governo a funzionare meglio”. Quella del presidente italiano è una concezione piuttosto diversa. E’ chiaro fin dal noto editto bulgaro del 2002: gli basta affermare che due giornalisti (Biagi e Santoro) e un autore satirico (Luttazzi) fanno un “uso criminoso” della tv per farli magicamente sparire dallo schermo. E’ solo l’inizio. L’elenco delle intimidazioni di Berlusconi è talmente lungo da non essere riassumibile in un articolo di giornale. Si salvano solo i giornalisti sportivi (per adesso): poche settimane fa, al termine di una conferenza stampa per annunciare che Andrea Pirlo resta in rossonero Berlusconi si rivolge a loro affermando “Siete più bravi dei giornalisti politici che insistono sempre per fare domande”. Le domande… Come quelle che Repubblica da mesi continua instancabilmente a porgli. Ma Berlusconi ai quesiti risponde con le denunce. Lo fa con il quotidiano diretto da Ezio Mauro. Lo ha fatto ieri con l’Unità querelandola per aver pubblicato alcuni articoli sulle sue vicende private.
Attenzione però, perché al centro del mirino del premier non ci sono singoli direttori di testate o giornalisti. Ci sono i temi, gli argomenti trattati, i soggetti sociali. L’attacco non è contro il direttore dell’Avvenire Boffo ma contro un giornale che critica la sua “doppia morale”. Il bersaglio non è il direttore di Raitre Ruffini ma una trasmissione come Report (e non solo) che si permette di accennare che in Italia c’è una questione sociale da affrontare. Perché distrarre gli italiani d’estate con notizie sugli operai che manifestano per non perdere il lavoro? Molto meglio dare un’immagine rassicurante, ad esempio quella di un Paese in cui si fa gioiosamente la fila per il jackpot milionario del Superenalotto. E senza domandarci se quella “gioiosa” fila non sia in realtà un campanello d’allarme di un’Italia che si vota al gioco per affrontare la crisi.
In questo contesto la manifestazione nazionale per la libertà di informazione che si terrà il prossimo 19 settembre a Roma rappresenta non una semplice occasione di confronto, ma un dovere civico. Prima che i giornali liberi e vitali siano tempestati di querele solo per aver posto alcune domande “scomode”. Prima che dalla televisione spariscano definitivamente quei (pochi) spazi sopravvissuti di libertà. Prima che la Repubblica dei reality a reti unificate sia completata. Prima che sia troppo tardi.
(Stefano Corradino – Liberazione)