Il rapporto tra la Chiesa e il comunismo percorre oltre un secolo e mezzo di storia e si estrinseca attraverso trattati filosofici, encicliche, proclami e sarebbe semplicistico ridurlo a una contrapposizione ideologica. Eppure se mezzo secolo fa la Chiesa faceva divieto di ammettere ai sacramenti quei fedeli che sostenevano la dottrina e la prassi del comunismo, in quanto anticristiana, quale atteggiamento dovrebbe oggi rivolgere nei confronti di chi fa letteralmente a brandelli lo spirito originario del cristianesimo?
Un vecchio satrapo capo di governo che paga procacciatori di donne, anche minorenni, inducendole di fatto alla prostituzione in cambio di banconote fruscianti, gioielli preziosi o candidature… Esponenti politici che vorrebbero affondare i barconi di immigrati disperati che fuggono dal loro Paese alla ricerca di un futuro migliore… La giustizia piegata ai propri interessi, l’economia che arricchisce i ricchi e rende i poveri più poveri… Non sarebbero questi comportamenti da “scomunicare”?
Eppure, nonostante poche ed isolate reprimende, prevale il silenzio.
Evidentemente è la natura stessa della Chiesa ufficiale a essere inesorabilmente cambiata. Il 4 ottobre di quasi otto secoli fa moriva frate Francesco d’Assisi, fondatore dell’Ordine dei francescani. Quale traccia resta nella Chiesa di oggi di quell’uomo, e del suo messaggio di povertà, carità e umiltà?
“La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!”. Con queste parole, recita il Vangelo, Gesù cacciò i mercanti dal tempio. Quale reazione avrebbe, oggi, varcando la soglia delle cattedrali della cristianità e scoprendo che l’accesso ai luoghi di preghiera è consentito previo pagamento di un biglietto di ingresso?
“La Chiesa paghi le tasse e sia povera” ha esclamato di recente don Andrea Gallo, sacerdote degli ultimi…
Forse è ora che i cristiani praticanti, puri e sinceri, si trasformino in fedeli indignati magari cominciando a manifestare davanti al Vaticano o a disertare qualche celebrazione, per esprimere la propria delusione e la propria collera nei confronti di una Chiesa che brandisce i suoi privilegi ma tradisce il suo spirito originario. Che cerca nuovi adepti ma intanto ha smarrito sè stessa.