“Trovano tracce di cocaina nelle acque di fogna di Milano e si desume che un milanese su 5 in media la consuma. Questo si può dire. E da milanese non mi fa certo piacere sentirmi dare del tossicodipendente. Se invece qualcuno fa un servizio in cui rivela che alcuni deputati e senatori sono positivi ai test sulle sostanze stupefacenti, peraltro protetti dal più assoluto anonimato, questo non si può dire perché è disdicevole per tutta l’istituzione parlamentare. E ti becchi una condanna…” Così il giornalista de Le Iene Matteo Viviani, autore insieme a Davide Parenti dell’inchiesta “test droga” realizzata dalla trasmissione di Mediaset commenta su Articolo21 la sentenza della Cassazione di ieri che li condanna per danneggiamento dell’immagine. La sentenza afferma che i due giornalisti, raccogliendo campioni organici di 50 deputati e 16 senatori per fare un test su eventuali tracce di stupefacenti avrebbero violato le regole sulla privacy. Per questo la Cassazione ha confermato la pena inflitta a Parenti e Viviani, che avevano patteggiato davanti al gup di Roma nell’ottobre scorso la condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione, convertita in pena pecuniaria. La Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dagli imputati. che avevano ideato un servizio televisivo (mai andato in onda peraltro) in cui, attraverso un tampone, erano state prelevate particelle di sudore su diversi parlamentari. I campioni organici erano dunque stati analizzati e alcuni politici erano risultati positivi al test antidroga. “Il giornalista – ricordano dalla Cassazione – deve rispettare i limiti del diritto di cronaca, in particolare, quello dell’essenzialita’ dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” e “puo’ trattare i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente degli interessati o attraverso un loro comportamento pubblico”.
Matteo, la Cassazione vi ha condannato per l’inchiesta “stupefacente” che avete realizzato per Le Iene in cui facevate il test antidroga ai parlamentari. Non siamo soliti commentare le sentenze. Ma questa è una vicenda che ha a che fare con il diritto di cronaca…
E’ una sentenza che conferma un atteggiamento più ampio, quello di mettere i bastoni tra le ruote, o addirittura impedire a chi fa informazione di descrivere vicende o realtà che i cittadini hanno tutto il diritto di sapere.
Secondo la sentenza non solo avreste violato la privacy dei parlamentari ma avreste pure danneggiato ”l’immagine pubblica e l’onorabilita”’ visto che con questo test ”tutti i parlamentari potevano essere indiscriminatamente sospettati di assumere stupefacenti”.
Ridicolo. Mesi fa tutta la stampa riportava la notizia secondo cui nelle acque di fogna di Milano era stata rinvenuta una tale presenza di cocaina da ritenere, statisticamente, che un milanese su 5 è un consumatore abituale. Io sono cittadino milanese, non mi fa certo piacere sentirmi dare del tossicodipendente potenziale. Ma la notizia è stata data e nessuno l’ha contestata. Perché è l’estrapolazione di un dato. Noi abbiamo fatto lo stesso.
Ma qui l’oggetto dell’indagine era piuttosto “mirato”. Siete andati a colpire i rappresentanti del Parlamento italiano. E qualcuno non ha gradito…
Che non abbiano gradito è comprensibile, ciò non toglie che la nostra inchiesta non recava alcun danno all’onorabilità di deputati e senatori perché si svolgeva nel più completo anonimato.
Nessuno poteva risalire all’identità di chi aveva realizzato il servizio?
Assolutamente. Per come lo abbiamo realizzato questo test antidroga non permette a nessuno di noi, autori, montatori… di conoscere l’identità dei parlamentari positivi al test. Proprio perché l’intenzione non era ovviamente quella di etichettare nessuno, né tantomeno di fare graduatorie sul piano politico ma, ripeto, di estrapolare il dato e renderlo disponibile per una libera riflessione dei telespettatori.
Nessuna violazione della privacy, quindi.
Per nulla. Il rispetto della privacy appartiene da sempre al nostro modus operandi. Abbiamo rispettato quella dei parlamentari sottoposti ai test come quella di un extracomunitario trovato a rubare un motorino. E’ il nostro codice.
Ma ha vinto la Cassazione.
Su questioni come queste a mio avviso non vince né l’uno né l’altro. Vincenti saranno invece le conclusioni a cui arriveranno i cittadini.
Questa sentenza condizionerà il vostro approccio alle prossime inchieste?
Assolutamente no. Continueremo ad occuparci delle questioni che più ci stanno a cuore, con lo stesso spirito, gli stessi mezzi, lo stesso taglio giornalistico. Con la stessa passione.
E se dovessi trarre un insegnamento da questa vicenda?
Più che un insegnamento una conferma: finché navighi tra i fiumiciattoli nessuno se ne accorge ma quando arrivi alla fonte dai fastidio sul serio…
(Stefano Corradino – www.articolo21.org)