“Dio po esiste, non esiste, staccene quattro, sedici, più du donne, du negri, du giapponesi, co a barba senza barba…” “L’universo è a undici dimensioni, infiniti universi paralleli, ce stanno l’equazioni, ma de che stamo a parlà, ancora delle apparizioni alle pastorelle?” Padre Pizarro, teologo senz’anima e monsignore dall’aspetto trasandato, nonché padre – non solo spirituale – (“c’ha ragione mi fijo: stamo ar medioevo”) è uno dei personaggi più originali di Corrado Guzzanti. Comparso dieci anni fa su Rai3 nel programma “Il Caso Scafroglia” il prete bizzarro e cinico è tornato in onda venerdì scorsa, questa volta su La7 con le sue battute al vetriolo, senza peli sulla lingua, su temi eticamente sensibili, con frecciate ai vertici ecclesiastici e qualche ironia sulle sacre scritture e sul papa.
“Scherza coi fanti ma lascia stare i santi” recita una vecchia massima popolare che per alcuni è solo un proverbio ma per altri è un precetto inviolabile: la religione, per il suo legame con ciò che è ritenuto sacro, sembra godere di una sorta di speciale immunità dalla critica e dalla satira. Sarà per questa ragione che i telespettatori cattolici (Aiart) hanno denunciato Guzzanti – e hanno chiesto la sospensione della trasmissione – per “aver offeso con battute da caserma il sentimento religioso degli italiani, vomitando insulti e falsità per oltre un’ora di spettacolo”.
Ci permettiamo di ricordare ai querelanti che la satira sin dall’Antica Grecia ha avuto fra i suoi bersagli preferiti proprio la religione.
Per questo lanciamo una petizione attraverso il sito change.org per chiedere che venga ritirata la denuncia nei confronti di Guzzanti, che tra l’altro è uno dei migliori attori comici italiani, e cessino simili forme di bavaglio e censura alla libertà di espressione.
P.S. Consigliamo infine agli “inquisitori” della satira di tornare a rileggere quelle pagine in cuiErasmo da Rotterdam scriveva così: “È probabile, infatti, che non mancheranno voci rissose di calunniatori ad accusare i miei scherzi, ora di una futilità sconveniente per un teologo, ora di un tono troppo pungente per la mansuetudine cristiana”.