“Carpe diem, cogli l’attimo”. Per carità io sono d’accordo, Orazio aveva ragione: bisogna cogliere la rosa quando è il momento, ma non esageriamo. Giusto vivere giorno per giorno ma è importante anche fare progetti”. La citazione potrebbe sembrare del tutto normale se a pronunciarla fosse un ventenne. In realtà ad averla detta, giusto pochi giorni fa è nonna Pia, 100 anni in questi giorni, il 4 settembre 2008. “Cento di questi giorni? Solo cento? Perché mettere limiti alla Provvidenza?” ironizza con sguardo vispo e indagatore.
Fino a poche settimane fa usciva da casa regolarmente ogni mattina. All’edicola di piazza della Repubblica se la ricordano ancora, affezionata lettrice del Manifesto e dell’Unità che per un certo periodo comprava “Libero”, storcendo decisamente il naso… “Non mi piace. Lo faccio solo per leggere i bei pezzi scritti da mio figlio Fausto”. La lettura dell’Unità è un fatto doppiamente sentimentale. Lo è dal punto di vista politico dal momento che lei, se interpellata, ma anche senza sollecitazioni, si definisce ancora “comunista” nel cuore. Ma il sentimento è doppio e da politico diventa praticamente “carnale” quando parla di Massimo D’Alema e confessa il suo grande amore. Per l’uomo, più che per il politico. Il fascino di quei baffi, l’eleganza, il ghigno ironico…
Adesso esce meno ma a tavola, dove dall’antipasto al dolce non restano neanche le briciole e nemmeno una goccia di vino nel bicchiere sogna ancora di tornare a vedere la sua Cantalice, città d’origine, e di girare per Orvieto e per l’Umbria. “Adesso è caldo ma quando rinfresca mi caricate sulla macchina e ce ne andiamo a fare un bel giro”. La televisione la guarda senza particolare entusiasmo (a meno che non vede spuntare D’Alema…) ma quando si concentra nella lettura di un quotidiano o di un romanzo (la letteratura russa e francese in particolare) non la distolgono neanche le cannonate!
Cento anni. E tra una frase colorita e l’altra e un ricordo lieto ma senza rimpianti dei decenni trascorsi strizza l’occhio a fine pranzo per quel goccetto di grappa che la fa digerire. Qualche oretta di riposo per poi riprendere a leggere, tra un giornale e un cruciverba. Di quelli più complicati, senza né numeri né quadratini ad aiutarti nella compilazione. Prima di addormentarsi confabula sotto le coperte. “Che fai parli da sola?” Le chiedono la figlia Luisa e il nipote Stefano. “Certo”, risponde senza indugi. “Ripeto ad alta voce le esperienze più importanti che hanno contrassegnato la mia vita. Così non me le dimentico… I vecchi non sarebbero tanto vecchi se si ricordassero di essere stati giovani ”.
Maria Pia Cerulli
Maria Pia Di Fulio, vedova Cerulli nasce a Cantalice (Rieti) il 4 settembre 1908. Frequenta le scuole dell’obbligo conseguendo la licenza media. Ma la sua grande curiosità intellettuale la porta a continuare a leggere e studiare, da autodidatta. Nel 1936 sposa Fernando Cerulli, militare. Fernando, diventa ufficiale al Centro di Addestramento Reclute di Orvieto dove Maria Pia si trasferisce nel 1949.
Vive tutta la drammaticità della seconda guerra mondiale quando il marito rimane prigioniero a Rodi.
Madre di tre figli, lo scomparso “Peppinello”, poi Luisa e Fausto, rimane vedova nel 1970. Vive tuttora nel centro storico di Orvieto, dietro il Liceo Classico con la figlia ed il nipote Stefano. Lucida e ancora autonoma. Solo un pò dura “dura d’orecchi” ma bastano le giuste frequenze. Lei ascolta e risponde a tono. Sempre con cognizione di causa.