“Quello all’editoria è un bavaglio molto meno appariscente ma altrettanto profondo. Parliamo di 90 testate, 4500 persone… Che però non si vedono: se chiudi trasmissioni televisive di politica durante le elezioni se ne accorgono tutti, in questo caso non se ne accorge nessuno. E quindi abbiamo la responsabilità di far sapere chi vuole chiudere la bocca ai giornalisti della carta stampata”. Lo afferma Norma Rangeri, direttore de “il Manifesto” ad Articolo21.
Mercoledì 14 luglio, alle ore 11 tenete la vostra riunione di redazione davanti alla Camera. Vi hanno cacciato dalla vostra sede?
No, lo sfratto non è all’ordine del giorno, per adesso.
Perchè in piazza allora?
Perchè questa è la settimana in cui, nel maxiemendamento della manovra economica verranno messi nero su bianco i tagli all’editoria. E’ questo quindi il momento di farci sentire, fisicamente, e non solo dalle pagine del nostro quotidiano.
Non è la prima volta che “il Manifesto” ed altri quotidiani di cooperativa rischiano lo stop alle rotative. Cos’è questa volta che vi preoccupa di più?
E’ l’attacco al mondo dell’informazione nel suo complesso, un progetto perverso che, in queste settimane, sta vivendo la fase finale. Pensiamo alla televisione: se, come sembra, anche Corradino Mineo dovrà lasciare la direzione di Rainews la maggioranza avrà 10 direttori di testate su 11.
E cosa c’entrano i giornali?
Fino ad oggi erano l’unica spina nel fianco rimasta al regime berlusconiano. E come si fa, quando si tratta di giornali, ad estirpare la spina? Facile: si controllano, si indeboliscono, si stabiliscono sanzioni per la pubblicazione di intercettazioni, si costringono a chiudere.
“Il Manifesto”, una testata storica, rischia davvero di non essere più in edicola?
Noi e non solo. Così concepita, per ciò che concerne l’editoria, la manovra economica porterebbe alla chiusura di aziende medio piccole come quella de “il Manifesto”. Così la spina si estirpa e il cerchio si chiude.
E’ di fatto un altro bavaglio, ma la gente lo avverte meno…
Per forza, perchè è un bavaglio molto meno appariscente ma è altrettanto profondo. Parliamo di 90 testate, 4500 persone. Che però non si vedono: se chiudi trasmissioni televisive di politica durante le elezioni se ne accorgono tutti, in questo caso non se ne accorge nessuno. E quindi abbiamo la responsabilità di far sapere chi è che vuole togliere alla carta stampata il diritto di informare.
“Non è un diritto assoluto” ha detto qualcuno recentemente…
E noi non stentiamo a credere che la pensi proprio così, e non da adesso ma da almeno trent’anni. E il fatto che questa affermazione venga da un editore la dice lunga… Un editore lungimirante dovrebbe promuoverli i giornali piuttosto che boicottarli…
Hai detto che nessuno si sta accorgendo del bavaglio all’editoria. Compresa l’opposizione?
Mi stupirei del contrario visto che sono molti i fronti in cui manca una risposta adeguata da parte dell’opposizione. Non è solo Berlusconi ad attaccare i giornali. Anche nel centro sinistra qualcuno sosteneva che i giornali è meglio non leggerli ed è preferibile andare in televisione senza la mediazione del giornalista. Certo, il centro sinistra non li chiude ma molto spesso non li ama…
Cosa rischia in concreto un giornale come “il Manifesto”?
Rischia di non poter far fronte ai debiti nei confronti delle banche, agli interessi passivi che strozzano l’attività di bilancio ordinaria. Come uno Stato che deve pagare un grosso debito arretrato e quindi procede con i tagli al bilancio. Ma nel caso di un giornale, come il nostro, quando il bilancio è ridotto all’osso significa non poter pagare la tipografia, le strutture redazionali… A meno che non hai alle spalle un padrone.
O un padrino
E nel nostro caso non abbiamo, per scelta, nè l’uno nè l’altro. Nè un partito, nè un editore. E siamo i primi a subirlo.
Tu paragoni la situazione di un giornale come il vostro a quella di uno Stato. Vi risponderanno che se mancano i soldi per colpa di un forte debito arretrato la responsabilità non è politica…
E mentirebbero. Perchè i soldi non mancano, il problema è come vengono distribuiti. Pensa a quanti sono i giornali che prendono i finanziamenti e sono finte cooperative. Quelli che in edicola neanche ci arrivano, quelli che prendono i soldi non per quello che vendono ma per quanto tirano… Quanti imbrogli, è una giungla assurda
Poteva essere l’occasione per fare pulizia…
E ti pare che un governo come questo sfrutti l’occasione per mettere le cose a posto?
In più di un’occasione avete promosso campagne straordinarie per finanziarvi. Siete l’unico quotidiano che, per un numero normale ha, più volte, messo il giornale in vendita a 50 euro! E in tanti lo hanno (lo abbiamo) comprato! Dovrete ricorrere anche in questo caso al sostegno dei lettori?
La situazione è davvero grave ma noi cercheremo di sopravvivere comunque. E se ne avremo bisogno, ci appelleremo di nuovo alla sensibilità dei nostri lettori!