Nella televisione di oggi un programma che dura un lustro è già un successo. Cambiano, con più velocità del passato, le esigenze editoriali; cambiano anche i gusti stessi del telespettatore. Alcune trasmissioni resistono all’usura del tempo, altre fanno rapidamente flop.
Poche settimane fa in una serata improvvisata, anzi destrutturata, si sono festeggiati i 25 anni di Blob, storico e inimitabile programma di Rai3.
Ma in quanto a longevità uno degli attestati principali spetta inconfutabilmente ai programmi di Piero Angela (nella foto) e in particolare a Superquark al trentatreesimo anno di programmazione.
Abbiamo raggiunto il conduttore, nonché giornalista e divulgatore scientifico nel corso della conferenza stampa di presentazione. Ottantacinque anni, ma solo per l’anagrafe. La passione e la voglia di raccontare sono quelle di sempre. “Bisogna impegnarsi ogni volta come fosse la prima serie” esordisce conversando con il Radiocorriere Tv.
Il nuovo ciclo di puntate su Rai1, nove appuntamenti dal 3 luglio al 28 agosto, si rinnova anche quest’anno. A partire da una scenografia hi tech, con grandi schermi per proiettare su pareti, soffitti e pavimenti ogni tipo di immagini ed effetti. Come ogni estate Piero Angela spazierà dall’archeologia alla natura, dalla storia alla tecnologia, dall’economia alla scienza.
Vogliamo svelare l’elisir della longevità di “Superquark”?
Penso dipenda dalla qualità, che abbiamo sempre cercato di tenere alta. E la consapevolezza che non bisogna mai deludere il pubblico. Vale per la tv ma non solo. Riguarda anche i libri. Se un autore ha successo con la prima opera ma poi si siede e si adagia sugli allori per troppo tempo finisce inevitabilmente per perdere la corsa. Mai smarrire la tensione positiva del racconto, la voglia di comunicare e interagire con il pubblico.
Un’altra ragione, più profonda, del lungo corso di Superquark, penso sia legata al fatto che raccontiamo cose di grande interesse. E al di là dello schermo c’è un pubblico curioso che ha voglia di conoscere e capire, attraverso un linguaggio chiaro ed esaustivo.
Il pubblico è cambiato negli anni?
Direi di no. E’ lo stesso pubblico di curiosi. Si può esserlo a dieci o a novant’anni. E molti non sono solo spettatori. Il programma condiziona anche le scelte di vita. Lo vediamo dalle mail che arrivano in redazione. Molti giovani scelgono la facoltà universitaria dopo aver visto le nostre puntate o dopo aver letto i miei libri.
Alcool, cellule staminali, segreti dei codici militari, stampanti di organi e tessuti umani, onde gravitazionali ma anche dna del vino, lotta high-tech alle cavallette… Sono solo alcuni dei temi che affronterete nella nuova serie. Cos’hanno in comune?
Il piacere della scoperta. Che di anno in anno si arricchisce di nuovi strumenti. Quando io ho cominciato ad occuparmi di divulgazione scientifica i computer non c’erano, la genetica non si sapeva cosa fosse. Oggi la ricerca è entrata nell’intimità della materia. Cellule, molecole, atomi. Stiamo assistendo a una rivoluzione straordinaria.
La cultura scientifica oggi, per dirla in breve, è in ribasso? Tra l’altro l’Italia è da parecchi anni uno dei Paesi occidentali che investe meno in ricerca scientifica e tecnologica. Un tema sottovalutato? E’cambiato qualcosa di recente?
Non è cambiato granché nel corso degli anni. La cultura scientifica in Italia, a differenza di altri paesi, come la Germania, non è mai stata considerata per il valore che ha. In Italia prevale la cultura letteraria, umanistica, filosofica. Ed è giusto che sia così ma dobbiamo anche renderci conto che viviamo in un mondo trasformato dalla scienza, dalla tecnologia, dall’innovazione. E a mio parere soffriamo molto, anche economicamente, di questa scarsa consapevolezza.
Un buco da riempire quindi anche in tv?
Assolutamente, ma bisogna farlo non annoiando le persone. Perché la noia è la peggiore nemica della cultura.
Nel salutarci sentiamo avvicinarsi un’auto. Con i finestrini abbassati si riconosce chiaramente un brano di musica classica trasmesso per radio. E’ “l’aria sulla quarta corda’” di Bach, proprio quella che da quarantacinque anni ascoltiamo come sigla di tutti i programmi di Piero Angela. Tra l’altro, in questo nuovo ciclo, nella sigla di Superquark, un effetto grafico darà l’impressione di avere in studio le Swingle Singers, mentre cantano l’aria. Ci congediamo con una curiosità: la tua passione per la musica è nota, e anche le tue doti di pianista. Mai pensato di trasformarla in un progetto televisivo? “Un progetto ce l’ho”, chiosa sorridendo Angela, “ma non è per la tv. Vorrei incidere un disco, al pianoforte ovviamente. Ma sono troppo autocritico e forse non lo farò mai”.
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