Nel mosaico delle sessantaquattro edizioni del festival di Sanremo, su tredici tasselli c’è il marchio di Pippo Baudo, il più longevo dei conduttori. E la città di Sanremo, quest’anno ha deciso di omaggiarlo di un premio per la sua carriera di presentatore e direttore artistico della kermesse canora.
La Rai ha compiuto sessant’anni. Cosa ha rappresentato il festival di Sanremo in questi decenni di programmazione televisiva?
Sanremo è da sempre un appuntamento canonico. Il pubblico lo ha sempre atteso con trepidazione.
Cosa incuriosiva i telespettatori? Le canzoni o lo spettacolo televisivo?
Le canzoni innanzitutto perché li avrebbero accompagnati tutto l’anno. E’ ciò che è accaduto nei primi anni. I brani avevano la funzione di “rifornimento canoro” di tante famiglie italiane con gusti diversi. Duravano quantomeno un anno intero.
Adesso la durata si è notevolmente accorciata. Le canzoni si bruciano molto più rapidamente.
E’ così, oggi durano lo spazio di un mese. Non hanno la forza della resistenza e della continuità. Un peccato perché l’idea di avere un appuntamento attraverso il quale si forniva al pubblico la colonna sonora di un anno era suggestiva. Senza parlare di canzoni che hanno violato i limiti del tempo, i cosiddetti evergreen e che sono hit di successo anche oggi. Penso a “Volare”, a “Gloria”… Che ancora funzionano sia in Italia che all’estero.
Sono solo canzonette, parafrasando Bennato, o quei brani rappresentavano qualcosa di più?
In un certo qual modo erano lo specchio del Paese. Brani come “Volo colomba” o “Campanaro” erano addirittura patriottici.
Poi nel 1958 Domenico Modugno porta a Sanremo “Nel blu dipinto di blu”, insieme a Johhny Dorelli.
Una rivoluzione. Modugno trasforma il festival e la canzone italiana che da quel momento non sarebbe stata più la stessa. La musica italiana diventava più moderna, esportabile, internazionale.
Parliamo sempre di musica “leggera”, molto nazional-popolare.
Non poteva essere altrimenti. E’ la natura del festival. D’altronde la musica leggera non può essere un motivo politico: è un componimento poetico e musicale breve che deve suscitare un’emozione immediata; guai se non fosse così. Se fosse troppo raffinata eroderebbe la sua funzione.
Torniamo per un attimo al tema della caducità delle canzoni da lei accennato in premessa. Perché oggi i brani hanno vita più breve? Dipende dal pubblico?
Penso dipenda, purtroppo, dai compositori. Oggi sono più spenti. Molti dei grandi non ci sono più ma anche quelli di oggi non scrivono canzoni a “gittata lunga”. Occorre cercare compositori nuovi.
I talent show sembrano nascere con questo obiettivo…
Quella dei talent show è una ricerca spasmodica dei talenti piuttosto sproporzionata rispetto al numero di abitanti del nostro paese. Noi non siamo l’America, non possiamo sfornare venti talenti all’anno. Alcuni poi non sono realmente tali e infatti dopo un anno vengono dimenticati. E’ da tempo che non abbiamo talenti duraturi . Ma è un peccato perché i talenti rimpolpano i programmi e danno materia prima alle trasmissioni televisive.
Proprio nessuno?
La cantante di Lecce Alessandra Amoroso, lei ha qualità musicali durature.
Lei detiene il record di conduzioni del Festival di Sanremo, avendolo presentato ben tredici volte. Tornerà ad occuparsi di musica in tv?
Mi sono sempre occupato di musica anche nei programmi non propriamente musicali. E quindi non smetterò di farlo. Quanto alla mia presenza in Rai credo debba rivolgere la domanda ai suoi dirigenti per sapere se vogliono che continui a fare ancora qualcosa in tv.
Qualcuno ciclicamente torna a parlare di privatizzazione della Rai.
Penso che un paese moderno e democratico come il nostro abbia bisogno come il pane del servizio pubblico radiotelevisivo perché la tv commerciale, anche se fatta bene, deve ricorrere a criteri commerciali mentre il servizio pubblico ha dei compiti istituzionali molto più impegnativi. Una certa prosa, appuntamenti classici ,artistici poetici, non li si può impaginare in una tv commerciale. La resistenza e la persistenza di una tv pubblica è indispensabile per l’ossatura del nostro paese.
(intervista di Stefano Corradino)
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