La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa; la frase attribuita, forse indebitamente a Marx è per questa vicenda del tutto appropriata. Le cantanti del gruppo musicale Pussy Riot hanno fatto infuriare lo “zar” Putin (ma forse sarebbero piaciute, anche solo per il nome al nostro ex premier…); nelle loro canzoni denunciano la condizione femminile in Russia e si scagliano contro la “democradura” di Putin. Rimpiangono il ’68 e quella liberazione dei costumi che nell’Unione sovietica non poteva trovare spazio per via delle politiche repressive del regime.
Quel ’68 – e qui i ricorsi storici – in cui nasceva, nella ex Cecoslovacchia un altro gruppo musicale, i Plastic People, rock band underground e anticonformista. Nei primi anni settanta cominciò la caccia ai gruppi musicali del dissenso e gli arresti dei cantanti underground. “Lo venni a sapere – scriveva Václav Havel primo capo di Stato della Repubblica ceca post comunista – e mi precipitai a Praga, perchè mi era chiaro che bisognava fare qualcosa. L’azione penale contro di loro, qualora fosse passata sotto silenzio, sarebbe potuta divenire un precedente molto grave: un po’ alla volta sarebbe potuto divenire abituale l’arresto di tutti coloro che volevano pensare liberamente e che si esprimevano in modo indipendente, anche solo entro l’ambito privato… Involontariamente il potere svelava le sue intenzioni più recondite: appiattire totalmente la via, eliminando tutto ciò che è minimamente diverso, autonomo, originale, indipendente e non inquadrabile…”.
Fu così che nacque “Charta 77”, la più importante iniziativa del dissenso in Cecoslovacchia; un manifesto per il rispetto dei diritti umani e civili redatto da un folto numero di intellettuali. Charta77 si è sciolto nel 1992 essendo ormai venuti meno i motivi che ne avevano portato alla costituzione.
Oggi, a 20 anni di distanza, avremmo bisogno di una nuova Charta che nell’Europa dell’Est (tutt’altro che democratica), e non solo, rivendicasse il principio della libertà di espressione in tutte le sue forme.
Sul sito di Articolo21 abbiamo lanciato un appello al mondo dello spettacolo italiano affinché si levi forte una voce contro il bavaglio; in Russia e ovunque un artista, un attore, un cantante, viene censurato, epurato, arrestato. L’arte è il luogo della perfetta libertà. E non può essere sottoposta a bavagli. Né neri né rossi, né russi né italiani…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/12/stop-bavagli-neri-e-rossi-russi-e-italiani/324116/